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Il legame tra la Birra Peroni e la città di Napoli ha radici antiche. Risale esattamente ad un secolo fa: era il 1919 quando le Birrerie Meridionali hanno iniziato a produrla nella storica sede sull’altura dominata dalla Reggia di Capodimonte, residenza storica dei Borbone e poi di Bonaparte e dei Savoia. Ma in cent’anni di acqua, anzi di birra sotto i ponti ne è passata parecchia.

Quindici anni fa Peroni è finito nella nutrita lista dei marchi storici tricolori acquistati da stranieri. A mettere le mani sulla “bionda italiana” sono stati i sudafricani di SebMiller, che recentemente l’hanno ceduta ai giapponesi di Asahi Breweries.

Oggi, dunque, almeno a livello di marchio, la birra Peroni ha più a che fare con il sushi che con la pizza. La storia però non si cancella, anche perché rispolverarla può rappresentare una trovata di marketing. È quella che hanno avuto gli attuali copywriters dello storico marchio nel coniare il motto “Birra Peroni. Partenopea come te”, il quale accompagna un’etichetta ad hoc rigorosamente azzurra e con la scritta “Birra Napoli”.

La scelta, tuttavia, ha irritato i birraioli napoletani. Il Giornale riporta le dichiarazioni di uno di loro, Fabio Ditto, ideatore e promotore del birrificio KBirr, con stabilimento a Giugliano e cinque dipendenti diretti. «La Birra Napoli – spiega – è prodotta a Roma ma sulla etichetta è scritto a caratteri microscopici, nessuno se ne accorge».

Inoltre, aggiunge Ditto, «non c’è il lavoro di un solo napoletano, perché il vecchio stabilimento Peroni è diventato un centro commerciale». Non solo, il fondatore di KBirr ha qualcosa da ridire anche sulla dicitura, presente sull’etichetta, che specifica che la “Birra Napoli” contiene solo orzo campano. «L’unica malteria italiana è a Melfi – afferma – e lì dentro lavorano tagli da cinquanta o cento tonnellate alla volta. Sfido chiunque a dimostrare da dove provenga l’orzo».

Ditto ha annunciato un’azione civile per chiedere ai proprietari del marchio Peroni di precisare sull’etichetta, in modo evidente, che la “Birra Napoli” è prodotta nel Lazio e non a Napoli o in altre località della Campania. Così la “bionda” passa dalla tavola al tribunale.


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