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Quella che conduce l’Italia verso un nuovo rinascimento è una strada stretta e sterrata, che si inerpica sugli Appennini e conduce nei borghi antichi, là dove la modernità non è arrivata ad appiattire la cultura sull’altare del mondo globale. Ne sono convinti Vanessa Combattelli, William Grandonico e Manuel Di Pasquale, tre ventenni abruzzesi fondatori di Radici Italia, associazione culturale che raccoglie l’eredità dello Strapaese. Così come il movimento culturale fondato dal senese Mino Maccari negli anni ‘20, anche loro intendono valorizzare il territorio nazionale esaltandone le tradizioni locali.

Come spiega Vanessa Combattelli al Quotidiano del Sud, «è nei piccoli borghi, nelle realtà immerse nel verde e nella storia, che si imparano a rispettare quelle piccole cose che fanno parte della nostra vita quotidiana, per quanto i limiti dell’ambiente paesano porti al tempo stesso la voglia di emergere e farsi valere ‘là fuori’». Classe ‘98, giornalista e consigliere comunale a Popoli (entroterra pescarese), la Combattelli afferma che Radici Italia «sarà la voce che metterà insieme più voci, parleremo di più argomenti: dalla gastronomia alle tradizioni locali, dalla promozione di prodotti tipici a una catena sociale per aiutare il Made in Italy».

La neonata associazione è già presente con i propri gazebo in alcuni mercati rionali e sta ricevendo segnali d’interesse da giovani di tutta Italia. «In tanti vogliono contribuire ai nostri progetti», spiega. Del resto, aggiunge, «ogni giovane italiano sente un forte legame con la propria terra, non importano le idee politiche o sociali, quando si parla di ‘casa propria’ è impossibile non provare un sentimento di affetto». Ai tre abruzzesi non manca l’ambizione. «Ci stiamo avviando al tesseramento e a prendere contatti con aziende locali», spiega la Combattelli.

Non solo, «lo stesso lavoro – prosegue – lo stiamo portando avanti con le amministrazioni comunali, con le quali ci piacerebbe promuovere il nostro abbondante patrimonio culturale ed artistico». Un’attenzione particolare la rivolgono ai luoghi della loro Regione ancora lacerati dal violento terremoto di dieci anni fa. «Come abruzzesi siamo molto vicini all’Aquila, ma soprattutto ne condividiamo le difficoltà visto che i nostri paesi sono rimasti lesi dal sisma», dice la Combattelli. «Siamo solo un’associazione – aggiunge – e per ovvie ragioni non possiamo sostituire i politici né coloro che si occupano della ricostruzione, possiamo però contribuire alla valorizzazione e al rilancio turistico della città de L’Aquila».
E i territori si esaltano anche preservandone la lingua.


«A nostro parere è importante proteggere i dialetti», afferma la giovane di Popoli, perché «oggi molti giovani parlano lingue straniere ma snobbano il loro idioma locale, non ne conoscono nemmeno una parola e non lo comprendono». È anche così che si perdono le radici e che si finisce per anelare un futuro altrove, in luoghi stranieri le cui luci abbaglianti sono ritenute in grado di lavare l’alone di provincialismo che gli italiani si porterebbero dietro come un’onta. Tuttavia non è l’autocommiserazione che fermerà i flussi di emigranti, specie dal Sud Italia.

«Le diverse classi dirigenti che si sono succedute poco hanno pensato al benessere delle nostre zone, quanto più si sono concentrate a proteggere il proprio potere e quello di altri», denuncia la Combattelli. Che aggiunge: «I problemi che viviamo oggi erano prevedibili già dieci anni fa, bastava studiare le tendenze verso il basso e rendersi conto che l’assenza di lavoro significa per ovvie ragioni anche trasferimenti». Ora occorre voltare pagina, e per farlo è fondamentale riscoprire le radici.

Secondo la Combattelli è «dall’appartenenza che deve ripartire la futura classe dirigente, chi ama la patria è padrone del mondo, e per i giovani è essenziale saperlo. Non importa dove tu vada, l’importante è ricordare le tue radici e non rinnegarle».


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