Fabio Bocchiola
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Perché la scelta di realizzare una centrale idroelettrica di pompaggio è caduta su Campolattaro?
- 2 Il matrimonio tra energia e sostenibilità ambientale come si combina a Campolattaro?
- 3 Le centrali elettriche sono da sempre al centro di un contenzioso Stato-Regioni che ha dato luogo nel corso degli anni ad una lunga serie di impugnazioni e relative pronunce della Corte costituzionale. Districarsi tra una stratificazione di leggi e norme che regolamentano una materia complessa non è semplice…
- 4 Da questo progetto la comunità beneventana trarrà benefici?
- 5 Ci sono rischi per l’ambiente?
- 6 Il motivo che ha tenuto il progetto finora bloccato da anni è stato il fatto di non essere bancabile?
- 7 Dopo l’incidente all’impianto Enel Green Power di Bargi, nel Bolognese, in Italia si è aperto un dibattito sulle centrali idroelettriche, sono sicure? Oppure no?
Un progetto innovativo e tecnologico è la centrale di Campolattaro, nel beneventano: l’intervista a Fabio Bocchiola, uni dei massimi artefici
L’unico progetto di grandi dimensioni, a uno stadio avanzato di progettazione e di autorizzazioni nel Sud Italia, è quello della centrale idroelettrica a pompaggio di Campolattaro, nel Beneventano. Un progetto innovativo e altamente tecnologico, sviluppato dalla società Rec detenuta al 100% da Repower Renewable, di cui Fabio Bocchiola (uno dei relatori della seconda edizione di Feuromed, il Festival Euromediterraneo dell’Economia, diretto dal direttore de “Il Quotidiano del Sud-L’Altra voce dell’Italia”, Roberto Napoletano, che si svolgerà a Napoli il 18, 19 e 20 aprile, nell’Aula Magna del Centro congressi dell’Università “Federico II”), country manager di Repower Italia nonché membro dell’executive board di Repower, è uno dei massimi artefici.
Perché la scelta di realizzare una centrale idroelettrica di pompaggio è caduta su Campolattaro?
«L’idea è partita dall’analisi del territorio sannita, ricco di storia, di natura e anche di gastronomia, ma anche in una posizione straordinaria per il sistema energetico nazionale. La localizzazione della diga di Campolattaro è strategica perché intercetta una delle linee di trasmissione più importanti, quella che arriva da Foggia e incanala la grande produzione di eolico e fotovoltaico pugliese verso l’area di consumo napoletana. È un progetto che prende in prestito l’acqua che c’è già nel bacino, 7 milioni di metri cubi su 125 disponibili , e la restituisce: perfettamente compatibile con tutti gli altri usi. Si tratta di impianti strategici per la rete, per l’ottimizzazione della generazione da fonti rinnovabili e quindi per il loro sviluppo. Avere una centrale di questo tipo vicino alle rinnovabili del sud Italia significa liberare a pieno il loro potenziale, utilizzando sempre e in qualsiasi condizione la loro produzione. Quando infatti non generano abbastanza energia elettrica può entrare in funzione Campolattaro per supplire mentre quando producono troppo rispetto alla domanda, si può usare questo surplus per pompare l’acqua nel bacino in alto, pronto per essere usata quando c’è bisogno».
Il matrimonio tra energia e sostenibilità ambientale come si combina a Campolattaro?
«Il grande rompicapo dell’energia elettrica è quello di immagazzinarla. Sotto questo punto di vista ci viene in supporto l’acqua, sfruttando l’invaso che esiste a Campolattaro. L’impatto ambientale non è di rilievo, anzi è molto limitato, perché non produce emissioni inquinanti o climalteranti. Anche l’acqua è a ciclo chiuso, la prendo, la porto in alto e poi giù, utilizzando solo 5 milioni di metri cubi di acqua su di un bacino che ne ha 140. Siamo di fronte ad un’opera che produce tanti benefici a livello locale e nazionale».
Le centrali elettriche sono da sempre al centro di un contenzioso Stato-Regioni che ha dato luogo nel corso degli anni ad una lunga serie di impugnazioni e relative pronunce della Corte costituzionale. Districarsi tra una stratificazione di leggi e norme che regolamentano una materia complessa non è semplice…
«In generale, avere un framework di norme certe e chiare è un tema di attrattività del sistema Paese, in particolare per un operatore internazionale che può scegliere dove investire e facendolo in Italia già sa che deve pagare interessi più alti. Senza contare che spesso l’interesse generale riconosciuto si arena tra i rivoli degli interessi locali non mediati, davanti ai quali l’impresa è sola. Questa dinamica acuisce il rischio di vedere progetti strategici rallentare. Manca secondo me una visione di collaborazione tra imprese coraggiose e territorio come invece era ai tempi delle prime centrali elettriche di un secolo fa che oltre a generare un beneficio di sistema diventavano patrimonio e punto di orgoglio della collettività».
Da questo progetto la comunità beneventana trarrà benefici?
«E’ un impianto per la cui realizzazione è previsto un investimento importante, con ricadute molto positive localmente, anche in termini di occupazione grazie alle centinaia di posti di lavoro che verranno creati in fase di realizzazione dell’opera, un cantiere che durerà tra i 5 e i 6 anni. C’è poi un tema di sicurezza energetica: quest’opera ci consente di programmare i bisogni del territorio, creando una riserva strategica che aiuterà a fornire tutte le utenze in maniera costante ed affidabile. L’impianto idroelettrico progettato a Campolattaro sarà patrimonio della collettività, che in futuro lo potrà riprendere. Per questo è nato insieme al “Parco delle Quattro Acque”, disegnato dal noto architetto di fama nazionale, Italo Rota, recentemente scomparso. Le opere di contenimento sono limitate. Non c’è alcun rischio di scempio ambientale, anche perché gran parte dell’opera non sarà visibile perché interrata. Comunque siamo aperti al confronto, valutiamo sempre con interesse osservazioni ed eventuali migliorie».
Ci sono rischi per l’ambiente?
«Come dicevamo, con una centrale idroelettrica a pompaggio non ci sono emissioni inquinanti di nessun tipo. Posso tranquillamente sottolineare che è un impianto assolutamente pulito».
Il motivo che ha tenuto il progetto finora bloccato da anni è stato il fatto di non essere bancabile?
«Non c’è chiarezza sulla garanzia di un ritorno dell’investimento, è un problema di come è stato disegnato questo mercato. All’inizio, dopo varie interlocuzioni con l’authority dell’energia, Terna e ministero dell’Ambiente, avevamo percepito un grande interesse, ma non le condizioni economiche per giustificare un investimento di quasi un miliardo. Una situazione comune agli operatori impegnati sul fronte dello storage, che ancora oggi chiedono di implementare il prima possibile l’articolo 18 del D.lgs 210/21 che prevede in Italia l’avvio di aste per l’approvvigionamento a lungo termine della capacità di accumulo: meccanismi che garantiscono la sostenibilità economica degli investimenti».
Dopo l’incidente all’impianto Enel Green Power di Bargi, nel Bolognese, in Italia si è aperto un dibattito sulle centrali idroelettriche, sono sicure? Oppure no?
«In realtà quello che stiamo osservando è che per fortuna non viene criticata la tecnologia, forse perché davvero strategica per la sicurezza del paese e per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei in termini di sviluppo di capacità da fonte rinnovabile. Ovviamente c’è stato chi si è affrettato a puntare il dito contro le aziende coinvolte (tutte leader di mercato nel loro ambito) o contro gli operai impiegati che non sarebbero stati tutelati adeguatamente. È presto per definire le responsabilità ma sicuramente possiamo dire che la tecnologia, se usata correttamente, è una delle più sicure al momento disponibili».
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