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Carlo Avvisati, scrittore e giornalista esperto d’archeologia vesuviana, destreggiandosi tra particolari noir, indagini complesse e sofisticate, sedute spiritiche e interventi di illustri archeologi dell’epoca, svela il mistero di quei resti a più di un secolo dal loro rinvenimento.
Un teschio, i resti di uno scheletro e di un gladio. Di più. Una lanterna di bronzo e quelli di una portantina, suppellettili, armille d’oro, collane e gemme, trovati sotto il lapillo e la cenere del 79 dopo Cristo, alla fine del 1800, in uno scavo archeologico condotto dall’ingegnere boscotrecasese Gennaro Matrone, in terreni di sua proprietà situati a “Bottaro”, allora quartiere di Torre Annunziata, e il giallo di “Plinio il Vecchio, il mistero del cranio ritrovato” è servito.
Carlo Avvisati, scrittore e giornalista esperto d’archeologia vesuviana, in occasione dei duemila anni della nascita di Plinio il Vecchio in quel di Como, torna dunque in libreria con la nuova edizione, riveduta e ampliata alla luce di nuovi elementi, di un saggio in cui racconta la storia fantastica e noir di un teschio che da centoventitrè anni a questa parte, per una serie di ipotesi bizzarre, viene ritenuto quanto resta dell’ammiraglio e scienziato romano che, tra Pompei e Stabiae, perse la vita durante l’eruzione vesuviana del 79 dopo Cristo.
«È sempre un merito se un autore sceglie di affrontare un rinvenimento di questo genere sottraendolo a quella forma di mummificazione e di oblio che spesso è il risultato del suo essere “scomodo”. È questo il caso del nuovo lavoro di Carlo Avvisati, il quale, con la solita penna scorrevole, allenata da una lunga attività di docente nonché di cronista con un particolare interesse per l’archeologia, non ha schivato nessuno degli aspetti problematici del reperto e del suo contesto, oggetto di questo studio.
A partire dalla tradizione letteraria che difficilmente sembra coincidere con l’ipotesi che veramente si trattasse di Plinio il Vecchio (come rimarcavano già all’epoca molti archeologi, tra cui Giulio De Petra e Amedeo Maiuri), fino ad arrivare persino ai fenomeni paranormali che, letteralmente, sin dalla sua scoperta hanno accompagnato la travagliata storia del cranio detto “di Plinio”» sottolinea Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, nella bella presentazione.
Difatti Avvisati, nel testo, che è edito per i tipi di ArteM ed è corredato da numerose foto d’epoca dell’area delle indagini, ripercorre non solo tutte le vicende dei rinvenimenti ma, non lasciando nulla al caso, riporta, oltre agli scontri sui quotidiani del tempo tra le fazioni dei “favorevoli” e dei “contrari” all’idea che si trattasse dei resti appartenuti all’illustre naturalista, anche notizie circa sedute spiritiche finalizzate ad accertare, con l’intervento del paranormale, l’appartenenza a Plinio di quel teschio.
In realtà, come puntualizza Antonio Ferrara, giornalista di “Repubblica”, che ha firmato la prefazione al testo, «Sulla pretesa identificazione dei resti di scheletro umano dallo scavo Matrone con quelli di Plinio Seniore si sono spese molte parole. E bene fa Avvisati a ricostruire con dovizia le voci a favore e quelle contrarie alla identificazione. Ma il conteso di rinvenimento e la documentata presenza di altri fuggiaschi nelle analoghe condizioni suggerisce di escludere questa ipotesi, come anche lo stesso Avvisati sottolinea».
Il saggio propone, ancora, un’appendice di sicuro interesse. In essa l’autore riporta non solo notizie sulla qualità e la quantità dei rinvenimenti dello scavo ma dettaglia circa i tre “musei personali” che Gennaro Matrone realizzò tra casa sua, a Boscotrecase, e Napoli, in due sue proprietà prossime al Museo Archeologico Nazionale. Una vera e propria “offesa” a quel contenitore d’antichità, i cui direttori avevano sempre osteggiato i suoi scavi e si erano posti di traverso quando lui aveva pensato di aver trovato i resti di Plinio il Vecchio.
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