Il ministero delle Finanze
4 minuti per la letturaLa spesa di interessi dell’Italia nel 2024 è stimata al 4,2% del Pil contro una media europea dell’1,5%. Francia 1,9%, Germania 1%, Grecia 3,2%, Spagna 2,5%. Spendiamo quasi tre volte di più della media europea, un punto in più della Grecia, più del doppio della Francia, poco meno del doppio della Spagna. Il pericolo è che tutti ripetono a pappagallo che lo spread scende, cosa vera perché il rischio Italia è a zero e il rendimento appetibile, ma non che è proporzionalmente più alto della Grecia e siamo gli ultimi. Più scende lo spread, meno ci si rende conto che la ferita dei rendimenti italiani sanguina copiosamente e toglie alla sanità per finanziare la rendita. Poniamoci l’obiettivo di annullare almeno la differenza con la Grecia.
È tutto vero. Ci sono una grande domanda internazionale sui bond italiani e anche una crescente domanda interna perché offriamo il miglior mix tra rischio, che è praticamente pari a zero e sconta un rating sul Paese migliorato nelle prospettive grazie a una finanziaria giudicata buona, e un rendimento molto più elevato degli altri che esprime un premio strutturale richiesto ai nostri titoli che li rende ovviamente più appetibili.
Da che cosa nasce questo delta? A differenza di Spagna, Portogallo, perfino Grecia, non si riconosce ancora all’Italia un percorso credibile di discesa del debito che, di fatto, comprime i margini fiscali e riduce, quindi, gli spazi di manovra per una politica espansiva che è la sola che può fare crescere il Pil e, di riflesso, abbassare il debito. Facciamola breve. Non c’è rischio Italia perché abbiamo fatto una buona manovra improntata a serietà nella finanza pubblica, perché non abbiamo bucato una sola rata degli incassi del Pnrr smentendo tutte le cassandre italiane e si ritiene che nel 2024 si avrà anche una spesa effettiva che potrà meglio sostenere la crescita.
Detto tutto questo, però, paghiamo più di tutti gli altri come spesa per interessi a causa di una percezione sbagliata di noi fuori dall’Italia, che riflette il nostro racconto interno catastrofista, e di un dato oggettivo di maggiore elevatezza del debito pubblico in rapporto al Pil e nelle previsioni dello stesso governo che ipotizzano una sua sostanziale stabilizzazione, non una discesa come altri Paesi europei stanno invece facendo dall’uscita dal Covid a oggi. Pochi numeri sono sufficienti per capire di che cosa stiamo parlando. Sulla base dei documenti di economia e finanza e delle note di aggiornamento dei singoli Paesi europei, la spesa di interessi che l’Italia pagherà nel 2024 sarà pari al 4,2% del Pil contro un media europea dell’1,5% del Pil.
La Francia spende l’1,9%, la Germania l’1%, la Grecia il 3,2%, la Spagna il 2,5%. Spendiamo quasi tre volte di più della media europea, addirittura un punto in più della Grecia, che marcia a una riduzione del debito del 7% l’anno, più del doppio della Francia, poco meno del doppio della Spagna. Abbiamo uno spread in continua discesa, ma che si colloca 70 punti base sopra la Spagna, quasi cento sopra il Portogallo, addirittura cinquanta sopra la Grecia. Tutta questa spesa di interessi in più che paga l’Italia non la puoi usare per alzare la crescita, per aumentare le pensioni minime, per fare più spesa territoriale sanitaria e scolastica. Tutti questi soldi vanno a finanziare i fondi internazionali e gli italiani ricchi.
Nel 2023 la Repubblica italiana ha emesso la cifra record di 516 miliardi di titoli pubblici con un 26% in più rispetto all’anno precedente. Nel 2024 si marcia verso nuovi collocamenti per una cifra più o meno analoga di 500/520 miliardi. Queste cifre di collocamenti, a questi prezzi, non si possono reggere per un lungo periodo. Anche perché questa impennata delle emissioni avviene contestualmente alla fine sia degli acquisti diretti della Bce sia dei riacquisti della stessa Bce delle emissioni nette aggiuntive.
Rispetto ai titoli italiani in scadenza, insomma, fino al 2022 comprava Francoforte tramite Roma, è rimasto solo un pezzettino scoperto nel 2023, sarà tutto scoperto il 2024. Quando esce dal mercato il più grande acquirente che è la Banca d’Italia, che operava per conto dell’Eurosistema, allora è evidente che devi diversificare il più possibile attraverso il retail domestico, che ha aumentato di 100 miliardi la quota detenuta nel proprio portafoglio nell’ultimo anno, e sfruttare la maxi domanda estera per fare operazioni di collocamento significative con gli investitori internazionali come è stato fatto l’altro giorno con i titoli a sette e trenta anni di scadenza per un importo di 15 miliardi a fronte di un domanda di 155.
‘Attenzione, però, questa è tutta spesa pubblica italiana, tripla rispetto alla media europea, che viene sottratta ai margini fiscali da destinare alla crescita. Il pericolo più grande è che tutti continuano a ripetere a pappagallo che lo spread scende, cosa peraltro verissima, senza mai chiarire che resta proporzionalmente sempre molto più alto perfino della Grecia e che siamo, quindi, gli ultimi degli ultimi. Adesso scende l’allarme dello spread e più questa discesa avviene più è difficile rendersi conto che la ferita dei rendimenti italiani continua a sanguinare copiosamente. Siamo a ben oltre il 3,5% sul BTp decennale, ma nessuno se ne cura tanto lo spread scende. Poniamoci come obiettivo di breve-medio termine di annullare almeno la differenza con la Grecia.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA