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Lo strapiombo di risorse umane e i diritti negati nella spesa pubblica producono meno gare rispetto a Centro e Nord. Serve la riorganizzazione del Pnnr con i player energetici e ferroviari coinvolti e l’arma dei poteri sostitutivi, ma si facciano prima nelle amministrazioni territoriali meridionali assunzioni di qualità a prescindere dai vincoli di capacità fiscale. Altrimenti mai la si avrà, l’obiettivo strategico di coesione salterà, Italia e Europa pagheranno il conto della mancata crescita.

Il tasso di aggiudicazione e di completamento delle gare del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) è nelle amministrazioni meridionali poco più della metà di quello del Centro e molto distante dalle consorelle del Nord. Siamo al 19,3% contro rispettivamente il 30,1% e il 27,7% delle gare. Va subito precisato che all’interno delle macro aree ci sono forti differenziazioni al Sud come al Nord e al Centro per cui, al contrario del dato generale, ci sono territori meridionali più avanti di altri territori settentrionali a partire dalle grandi città. A fornire questi dati è stato l’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) che segnala un problema strutturale delle due Italie di cui occorre subito prendere piena coscienza.

È un dato di fatto che la pubblica amministrazione è da sempre più concentrata al Nord rispetto al Sud, smentendo uno dei tanti luoghi comuni che hanno fatto molto male a questo Paese, per la semplice ragione che la pluriennale spending review all’italiana, che non è stata nient’altro che tagli lineari, ha prodotto i suoi effetti negativi più al Sud che al Nord perché la possibilità di assumere è sempre stata misurata sulla sostenibilità dei bilanci delle singole amministrazioni.

Non è un mistero per nessuno che lo stato di salute dei bilanci degli enti locali meridionali è peggiore ed è evidente che è proprio questo dato di fatto a creare il circolo vizioso da spezzare che è frutto di inefficienze evidenti e di anni di distorsione della spesa pubblica territoriale. Questo circolo vizioso è oggi ancora più grave quando produce i suoi effetti perversi nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che ha come obiettivo strategico fissato dall’Europa la realizzazione della coesione territoriale.

Obiettivo che si rischia di non conseguire o di conseguire con molta più fatica per motivi che chiamiamo genericamente frutto avvelenato della anomala spending review italiana, ma che non sono stati altro che scelte che hanno determinato per il Sud condizioni di partenza di minore capacità fiscale, minore reddito pro capite, minore capacità di riscossione. Alla fine di questo circolo vizioso quasi trentennale ci sono minori entrate rispetto alla popolazione.

Queste entrate sono, dunque, molto più basse al Sud che al Nord e hanno consentito in passato e continuano a consentire oggi alle amministrazioni meridionali minori possibilità di assunzione di personale specializzato. Questo, per la verità, accade anche per la sanità dove nonostante siano stati stabiliti i livelli essenziali di assistenza (Lea), si è determinata una situazione per cui si assumono meno medici, meno infermieri, si fanno meno ospedali di eccellenza, si comprano meno apparecchiature sanitarie.

Questo è uno scandalo italiano che va risolto. Il punto è che lo stesso scandalo italiano si eleva al cubo quando impatta con la forza del suo circolo vizioso proprio sul Pnrr che rischia ancora di più al Sud che al Nord di diventare invece di un elemento di coesione addirittura un elemento di ulteriore frammentazione e, paradossalmente, di allargamento dei divari territoriali e tra aree metropolitane e interne.

Questi dati devono fare riflettere tutti finché siamo in tempo perché delineano un nodo strutturale scorsoio dal quale si rischia di non uscire per due ragioni: 1) la responsabilità del Sud, molte volte frutto di un passato impresentabile a volte no, che determina una capacità di amministrazione e di riscossione oggettivamente più bassa; 2) la responsabilità del Paese che non ha mai fatto la perequazione reale dei diritti di cittadinanza per cui è vero che si sono fatti i Lea, ma è altrettanto vero che il diritto alla salute del cittadino calabrese è la metà esatta di quello emiliano-romagnolo, così come lo è quello delle strutture e del personale sanitario.

Vogliamo essere molto chiari. Partendo da questo strapiombo potrebbero non servire a nulla o possono servire a poco anche lo sforzo oggettivamente rilevante operato dal ministro Fitto e dalla riorganizzazione del Pnrr che coinvolge i player energetici e ferroviari e soprattutto dota le strutture centrali dell’arma estrema dei poteri di supplenza. Noi siamo convinti che i grandi player faranno il loro e che la riorganizzazione sia fondamentale.

Vogliamo solo sottolineare che programmi, condivisioni e poteri di supplenza non devono impedire di spezzare subito il circolo vizioso che abbiamo raccontato facendo nelle amministrazioni territoriali meridionali quelle assunzioni di qualità che servono a prescindere da qualsiasi vincolo di capacità fiscale perché altrimenti la stessa capacità fiscale non ci sarà mai, il Pnrr fallirà comunque la realizzazione del suo obiettivo strategico di coesione, l’Italia e l’Europa intera pagheranno il conto più salato della loro mancata crescita e del dissolvimento strategico nel grande gioco globale. Intervenire prima che sia troppo tardi è obbligatorio.

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