Domenico Palumbo
5 minuti per la letturaUna sorta di Berlusconi meridionale in sedicesimi. Fiuto e occhio lungo nel comprendere dove si muoveva per tempo il flusso dei turisti e del business. Innovatore nello scegliere dove investire, capace anche di comprendere subito la globalizzazione trasferendo le sue attività in Africa, proprio come aveva fatto nella Sila calabrese negli anni Ottanta portando una ventata di industria turistica nella Calabria dalle grandi potenzialità, sempre dichiarate e spesso inespresse.
Domenico Palumbo, per gli amici Mimì, 83 anni, è morto mercoledì scorso all’Ospedale dell’Immacolata di Sapri dove era ricoverato per una malattia che lo affliggeva da qualche tempo.
Cilentano, della splendida Scario, aveva iniziato come immobiliarista nella sua terra comprendendo che il turismo residenziale fruttava bene. Mezzo secolo fa inizia una grande cavalcata nel Golfo di Policastro realizzando i migliori insediamenti immobiliari della zona: nella sua Scario si alzano le insegne di “Marcaneto”, Spineto”, “Complesso Bussento”, e poi come in un Monopoli avanza anche a Villammare con “Le Ginestre” e “Torre Normanna”.
Anni ruggenti che danno lavoro a centinaia di persone. Un Giano bifronte nella sua zona, con molti che omaggiano il patron di zona grati di non essere costretti ad emigrare per aver potuto lavorare nei suoi villaggi turistici. Ma sull’ambiente la dicotomia è stata forte. C’è chi lo ricorda primo firmatario di una petizione che bloccò la cementificazione della Costa della Masseta nel 1974. Ben altri ricordi, conserva l’avvocato Franco Maldonato, all’epoca giovane leader oppositore degli insediamenti turistici, aveva come antagonista proprio Domenico Palumbo come racconterà in un libro di prossima pubblicazione.
Mimì Palumbo non si ferma e va oltre i confini del Cilento, costa sud di Salerno. Negli anni Ottanta, come l’Aga Khan in Costa Smeralda, scopre nella desertica Sila che a Cotronei l’Opera Sila regionale dismette un hotel che il pubblico gestisce in perdita. Nella holding Palumbo arriva la vacanza di montagna. L’hotel Brigante è il primo segnalino di un nuovo appassionante Monopoli. Don Mimì con la sua esperienza di settore riposiziona l’albergo tra i pini e faggi secolari che guardano verso il lago Ampollino. Palumbo è propulsivo.
Finalmente in Sila arriva il turismo che crea ricchezza e non quello di prossimità che mangia un panino e va via. Sono gli anni Ottanta. All’aeroporto di Crotone vola Alitalia. Palumbo si organizza con i pacchetti che fanno arrivare comitive di inglesi che adorano il turismo di alta montagna. Le sterline sono di casa a Cotronei. Si allarga ancora Palumbo. L’affare questa volta è tra privati. In zona sorge un’enorme distesa di terreni della famiglia Bilotti di Cosenza (quella che ha donato le statue del Museo all’aperto).
Don Domenico costruisce Villaggio Palumbo, santuario del divertimento calabrese in cui si offre il miglior intrattenimento d’estate e d’inverno. Vengono costruite piste da sci d’avanguardia, locali, discoteche, sky lift. Villaggio Palumbo offre 600 appartamenti e 250 ville da vendere con la novità della multiproprietà. I pugliesi senza montagna si fiondano in massa, poi arrivano anche i siciliani che non vogliono andare sulle Alpi.
Palumbo è un vulcano. Viaggia in elicottero per i suoi spostamenti e lo mette a servizio dei turisti che possono spendere cinquantamila lire per sorvolare la Sila. Parla di costruire un aeroporto e di voler invitare il Papa. Fa costruire un reticolo di cunicoli sotterranei che permettono al turista di potersi muovere con il maltempo per arrivare nei negozi e nei luoghi d’intrattenimento. La convegnistica illustre ricorda anche un’assise della Fgci conclusa da Massimo D’Alema. Si organizzano manifestazioni molto innovative. Artigiani espongono i loro lavori in un clima che ricorda Cortina. Siccome Palumbo viaggia, importa dei divani cinesi che mette in vendita nel villaggio che porta il suo nome.
Sa comunicare. Diventa amico dei migliori giornalisti calabresi che promuovono il suo marchio. Quando Emanuele Giacoia segnala al Tg Uno che in Calabria hanno inaugurato i cannoni per la neve artificiale, il caporedattore a Roma ha un sussulto, considerato che al Sud non se ne immaginava l’esistenza.
Palumbo l’inarrestabile compra anche dall’avvocato Agnelli l’isola di Dino dirimpettaia di Praia Mare, ma tutto stavolta finisce in un guazzabuglio giudiziario che giunge fino ai giorni nostri. Siamo in anni di Tangentopoli e la magistratura allarga la lente. Un contributo di 800 milioni a Palumbo, poi ritirato, lo fa finire sotto inchiesta insieme a tutta la Giunta regionale guidata dal presidente Rhodio. È tempo di cambiare aria e isola. Palumbo in Sila cede la sua quota di maggioranza e lascia la gestione al figlio e agli imprenditori che sono con lui cresciuti in quello che era un lembo di montagna isolata.
Palumbo diventa africano. Ancora una volta ha capito che il nuovo turismo accede a mete esotiche. Nell’isola di Zanzibar ricostruisce una nuova vita in tutti i sensi. “Palumboreef” beach resort da favola e il “Samaki lodge” disegnano un nuovo grande punto di arrivo per Domenico, uomo di mondo con famiglia molto allargata.
In vent’anni ha fatto la spola tra Zanzibar, isola della Tanzania che evoca “tenerezze” da Paolo Conte e avventure da Corto Maltese ma che per lui era l’ultima impresa turistica, e la sua Scario nel golfo di Policastro dove è ricordato anche per essere stato presidente del Sapri e impegnato in qualche avventura politica locale. La sua gente del Cilento oggi pomeriggio saluterà don Mimì a Scario. In Calabria l’unico omaggio pubblico si è letto in poche righe scritte in un post di Facebook sulla bacheca del comune di Cotronei dove si legge insieme alle condoglianze di rito: “Una triste notizia oggi ha scosso la giornata. È morto Domenico Palumbo, imprenditore illuminato che ha saputo dare vita alla nostra Sila, creando uno dei Villaggi montani più caratteristici”.
Per il resto nulla. La Calabria sembra aver dimenticato don Mimì il cilentano che modernizzò il turismo della Sila.
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