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Traffico di rifiuti tossici, operazione da 14 arresti (6 persone in carcere, 8 ai domiciliari). L’inchiesta della Dda di Salerno fa emergere terreni agricoli trasformati in discariche abusive pericolose. Stamattina, nelle province di Salerno, Caserta e Napoli, i militari del Comando Provinciale dei carabinieri di Salerno, supportati da quelli dei reparti territorialmente competenti, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di indagati, gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione per delinquere aggravata, finalizzata al traffico illecito di rifiuti tossici, speciali e pericolosi di categoria ecotossica. Il provvedimento si fonda sulle indagini svolte dai Carabinieri della Compagnia di Eboli nell’ambito dell’inchiesta Gold Business, coordinata dalla Procura di Salerno, a partire dal febbraio 2019. Secondo gli inquirenti, si è fatta luce su una fitta rete criminale operante in diversi comuni delle province di Salerno, Caserta e Napoli. Nell’ordinanza firmata dal gip salernitano, si delinea la figura di Antonio Romagnuolo, considerato a capo del gruppo, il quale si sarebbe avvalso di Michele Acampora, quale procacciatore ed intermediario, Vito Arietta, Giulio Ruscinito, Rocco Capuano e altri quali autisti, nonché Gaetano Romagnuolo, Giuseppe Mainardi ed altri, quali proprietari di aziende agricole, terreni e mezzi, compiacenti ed attivamente partecipi. Privi di qualsivoglia autorizzazione al trasporto come lo smaltimento, i soggetti avrebbero trafficato illecitamente rifiuti per lo più speciali – prelevati con mezzi di trasporto non autorizzati da imprese produttrici del settore “gestione rifiuti speciali”, “spurgo pozzi neri”, “conserviero” e “conciario” a fronte di un compenso tra i 1.000 ed i 3.000 euro a carico – con successivo sversamento e tombamento nei terreni agricoli e in zone sottoposte a vincoli e riserva naturale, che diventavano discariche abusive tossiche e pericolose. Si tratta di olii esausti, liquami, acidi utilizzati per la pulizia dell’attrezzatura per le mungiture, rifiuti solidi urbani o derivanti da demolizioni di fabbricati. L’organizzazione aveva piena disponibilità di terreni ed aziende i cui fondi sono stati trasformati in “discariche dannosissime per le ripercussioni sull’ambiente e con alterazioni incalcolabili (e forse irreparabili) per l’eco-sistema”. Discariche, in alcuni casi costituite anche in terreni del demanio regionale, che subivano, di fatto, una modifica della loro destinazione d’uso con l’ausilio di escavatori e mezzi di movimento terra. Agli autocarri e ai rimorchi utilizzati per il traffico di rifiuti speciali (talvolta addirittura occultati sotto scarti di finocchi in modo da eludere eventuali controlli) venivano addirittura applicate altre targhe, per evitare una possibile riconducibilità al gruppo da parte delle forze dell’ordine. L’operazione di oggi ha portato al sequestro di tre aziende situate a Sant’Egidio del Monte Albino, Castellamare di Stabia e Scafati, sei autocarri, un mezzo agricolo ed un escavatore utilizzato per il tombamento dei rifiuti, oltre 25.000 mq. di terreni adibiti a discarica abusiva e ha quantificato un fatturato totale di circa un milione di euro. «Scavavano delle buche e mettevano all’interno rifiuti alcuni dei quali derivavano anche da concerie»  spiega il pm titolare del fascicolo, Giancarlo Russo, a margine di una conferenza stampa. Il magistrato immagina «un traffico dal polo conciario o da aziende che operano nel settore del pellame, plastiche, ferro, rifiuti da indumenti dismessi, materiali di risulta» . Dalle indagini risulta che i carichi di rifiuti venivano effettuati al mattino presto per evitare controlli. Difatti, quanto al modus operandi, il procuratore aggiunto, Luca Masini, chiarisce che «attraverso questo gruppo e attraverso alcuni intermediari venivano contattati produttori di rifiuti o società che ricevevano rifiuti e che svolgevano attività di smaltimento per trasportare e smaltire rifiuti in modo illegale e non attraverso le procedure previste dalla legge con un risparmio enorme in termini di costi per lo smaltimento di rifiuti» . Questi ultimi, però, «talvolta venivano tombati non solo in terreni di proprietà di taluni degli indagati e comunque del gruppo dei promotori dell’organizzazione, ma anche in terreni di proprietà demaniale e in zone vicine al torrente Calore e in zone di aree tutelate». 

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