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«Abbiamo sempre saputo che le indagini sull’omicidio di mio padre erano complicate. Sono stati commessi dalle forze di polizia errori mai visti, neppure nei film. Per molto tempo ci siamo chiesti se ciò fosse accaduto per incapacità, negligenza o invece volontariamente per creare confusione e depistaggi. Oggi le ipotesi della Procura ci forniscono una prima risposta. È giusto e doveroso riaffermare la nostra fiducia negli inquirenti, come abbiamo sempre fatto anche quando la speranza sembrava svanire, ma è anche vero che, nel nostro caso, è ancora complicato dare fiducia nei confronti di chi, all’epoca e per questi anni, ha continuato a rappresentare una divisa». Lo dice Antonio Vassallo, figlio di Angelo, il sindaco pescatore di Acciaroli ucciso nel 2010 e sul cui omicidio è arrivata in questi giorni la svolta con 9 persone – tre delle quali appartenenti all’Arma dei Carabinieri – indagate.

“Insieme alla mia famiglia e il mio avvocato oggi vogliamo continuare ad esprimere un sentimento di fiducia nei confronti di quella parte di Stato che funziona, lo Stato nel quale mio padre credeva, lo Stato per cui lui ha rimesso la vita difendendo il suo incarico i suoi concittadini e il suo territorio », conclude Antonio Vassallo. -Due minuti dopo l’omicidio con nove colpi di pistola del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, sul telefono del tenente colonnello Fabio Cagnazzo arriva una telefonata da parte del carabiniere Luigi Molaro, all’epoca suo braccio destro, rimasta senza risposta; subito dopo i due si incontrano a cena e poi comincia la loro presunta attività di “sviamento delle indagini ».

Si tratta di «dati inquietanti», secondo la Dda di Salerno, che ha perquisito e indagato i due militari dell’Arma insieme a un terzo ex sottufficiale, Lazzaro Cioffi, i quali sono accusati anche dell’omicidio proprio perché i successivi depistaggi sarebbero stati, appunto, «preordinati». Il tenente colonnello Cagnazzo, emerge dall’inchiesta, era un “grande amico» dei fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, imprenditori di Acciaroli e ritenuti parte attiva nel traffico di droga la cui scoperta da parte del ‘sindaco pescatore gli sarebbe costata la vita. Cagnazzo, si legge negli atti dell’inchiesta, «aveva indirizzato in varie occasioni presso la struttura alberghiera ‘Tre palme dei Palladino le famiglie di collaboratori di giustizia appartenenti a clan camorristici del napoletano».

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