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Salerno teatro di un summit fra i servizi segreti e un boss della camorra napoletana. Il luogo scelto per l’incontro: un ristorante sul mare, lontano da occhi indiscreti. Un posto riservato, a prova di spifferi, evidentemente. Del quale, però, non è svelato il nome. La storia è narrata nei verbali del pentito Maurizio Ferraiuolo, nipote del boss Raffaele Stolder (nella foto). Stolder è il capoclan evocato nelle dichiarazioni, raccolte nel 2013 da un pm della Dda di Napoli. È lo storico boss della Maddalena. È imparentato con il clan Giuliano di Forcella, per via della sorella, moglie di un fratello del boss Loigino. Ma è anche in buoni rapporti con Peppe Misso, boss della Sanità, anche lui pentito. Stolder verrebbe scelto come mediatore dagli apparati di sicurezza. Un uomo d’esperienza, in grado di arginare faide incontrollate. Le guerre che – nei primi anni duemila – insanguinano il centro antico, balcanizzato da pentimenti e clan in disarmo. Non si conoscono gli eventuali riscontri al racconto del collaboratore. Riscontri sempre necessari, anche per l’utilizzabilità. Ferraiuolo, tuttavia, è considerato attendibile dagli inquirenti. Il meeting tra gli 007 e Stolder, stando al pentito, è del 2007. «Mi risulta (…) che quando dal carcere, nel 2007, mio zio Stolder Raffaele, a cui io ero molto legato – dichiara il collaboratore di giustizia – fu letteralmente prelevato dai servizi segreti che lo portarono in un ristorante sul mare a Salerno, proponendogli una sorta di “accordo”, in altri termini – per quanto mi ha riferito Salvatore Marotta, cugino di mia madre e cugino di Raffaele Stolder, che faceva parte del gruppo che faceva da tutela a mio zio Lello Stolder e rubavano insieme a lui – i menzionati rappresentanti dei servizi dissero a mio zio Lello che avrebbe dovuto tenere il territorio del centro di Napoli di sua pertinenza sotto controllo, gestendo tutte le attività illecite senza fare morti e feriti».

 

 

«In parole povere – almeno questo mi è stato riferito – i menzionati rappresentanti dello Stato – aggiunge Ferraiuolo – volevano evitare i morti dovuti alle guerre e alle schegge impazzite e, dunque, avevano individuato in mio zio, vecchio capo camorra storico, il referente affinché tenesse tutto sotto controllo». Il pentito chiosa: «Mi risulta, e non solo per averlo appreso dai mass media che tale proposta fu fatta anche a Peppe Missi (Misso, così riportato per un errore anagrafico, ndr)». Le presunte rivelazioni, come precisato, sono de relato. Ossia, non derivanti da fonte diretta. Per Stolder come per Misso, sarebbe Marotta a riportare le circostanze. «Salvatore Marotta (…) – sostiene Ferraiuolo – mi disse che a mio zio Lello Stolder era successa la stessa cosa che era accaduta a Giuseppe Missi; Salvatore Marotta è una fonte più che qualificata dal momento che faceva parte del gruppo familiare che faceva la “scorta” a mio zio Raffaele Stolder quando uscì dal carcere; infatti, proprio al riguardo, Marotta Salvatore mi ha riferito che quando i servizi prelevarono mio zio, questi disse al Marotta e agli altri componenti della “scorta” di non preoccuparsi». Ferraiuolo arricchisce di dettagli il contesto: «Mio zio Raffaele Stolder e Giuseppe Missi, negli anni ‘80, erano legatissimi ed erano perfino soci in esercizi commerciali (…). Al riguardo vorrei aggiungere che mio zio Raffaele Stolder e Missi Giuseppe (…), facevano insieme rapine a mano armata». Quanto all’esito della “trattativa” – se così può definirsi – il pentito è lapidario. «Mi risulta personalmente – dice – che mio zio Raffaele Stolder abbia rifiutato ogni patto e ogni collaborazione con i servizi di sicurezza e che abbia risposto che ormai, dopo tanti anni di carcere, non era più un capo camorra e che voleva riprendere a fare il ladro come faceva da ragazzo». Un finale quasi romantico, con lo sfondo del golfo di Salerno

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