5 minuti per la lettura
NAPOLI. Si sono sbizzarriti tutti, nessuno escluso, per individuare i mali del Napoli, inteso come società, come allenatore, come atleti, come area tecnica, insomma verso quella compagine che di lacrime ne sta facendo versare a secchiate, ma non soltanto per i risultati che non consentono di decollare in classifica, bensì per la mancanza di motivazioni, di voglia di combattere, di passione verso un popolo, esigente sì, giustamente, e dispendioso di fiducia sino all’inverosimile! In ordine, il primo imputato è Gattuso, ma la sua figura sembra quasi oscurare il Presidente, che invece ha un po’ di rimpianti (o rimorsi), definibili anche errori, lungo la sua ultra decennale, per la precisione sedici anni (è dal settembre 2004 che ricopre la massima carica ndr), di primo dirigente della società (ne fanno parte la moglie Jacqueline e i figli Luigi, Valentina ed Edoardo nel ruolo di consiglieri), in quanto se il trainer ha la responsabilità di mandare in campo l’undici (a proposito, attende ancora ulteriori sconfitte per stabilire le gerarchie?), è pur vero che il numero uno, in quanto a decisioni su compravendita atleti, sulle scelte di chi far sedere in panchina a dirigere la squadra, è lui, e se bisogna riconoscergli che con la scelta di Benitez ( pare che voci di corridoio lo vogliano di ritorno in Europa, in Italia, e, forse, alle falde del Vesuvio), aveva “europeizzato” il Napoli, con Sarri era riuscito ad offrire al popolo risultati, spettacolo e un “quasi” scudetto.
La difficoltà di potersi ripetere, le divergenze di pensiero, con la bilancia che pendeva dalla parte del toscano, desideroso di scalare successi ed incrementare il conto in banca, avevano reso indispensabile sostituirlo e la scelta di Ancelotti sembrava aver lo scopo di intraprendere un nuovo percorso, che grazie all’esperienza di “Carletto”, poteva essere foriero di trofei, ma ad una condizione, che non lo si sarebbe ostacolato nella costruzione di un futuro: rappresentato dalla vendita di calciatori che avrebbero fruttato milioni di euro e consentito di puntare ad elementi di indubbie capacità, fidando sulla giovane età e sulle potenzialità che l’allenatore avrebbe potuto far sviluppare, ed ecco che Ancelotti non si era opposto alla cessione di Allan ( il PSG era pronto ad un esborso complessivo di circa 80 milioni, che confrontati ai 25 ricavati dalla vendita all’Everton, rappresentano un flop in termini di mercato…), avrebbe lasciato campo libero alla rinuncia ad altri giocatori, ma non avrebbe “ciccato” nella scelta dei sostituti, e Lozano sembra essere la dimostrazione lampante di come il tecnico parmense vedeva oltre la punta del suo naso. Ma tant’è, non volle ADL accettare le scuse dei calciatori dopo l’ammutinamento, giustificabile se si va con il pensiero alla partita che disputò in maniera egregia contro il Salisburgo, e che solo apprezzamenti, a fine gara, negli spogliatoi, da parte del figlio Edoardo, riuscirono a mandare in bestia tutto il gruppo, e la scelta, a questo punto infausta, dell’esonero del pluri medagliato allenatore, si è dimostrata, alla lunga, non esaltante. Tutt’altro, e non è stata, la gara di Verona, un caso sporadico, una sconfitta per una giornataccia, ma l’ammissione di un’incomprensione tra Gattuso ed i calciatori, mandati il più delle volte allo sbaraglio, e ne è lampante testimonianza, l’assoluta sordità del trainer all’invito al ragionamento, alla richiesta di cambio di modulo, all’insistere su schemi, necessariamente da variare, a seconda dell’avversario, ma anche al reale valore di chi aveva il compito di sostituire gli assenti, vuoi per infortunio, vuoi per problemi legati al contagio.
Nulla è stato possibile, l’allenatore ha chiesto ai suoi ragazzi ciò che chiedeva a se stesso quando giocava, lui mordeva le caviglie all’ avversario che doveva francobollare, mostrando grinta, tenacia, sputando veleno, ma non è con le urla, con il suggerimento a chi dover passare la palla, o sbattendo i pugni contro i muri dello stanzone, nell’intervallo, che si ottengono le vittorie: anche con questo, ma non solo, e la calma, forse non presente nel DNA di Gattuso, sarebbe stato l’antidoto migliore per evitare la confusione, sua, e di riflesso, dei giocatori. E, a guardare le casse societarie, può venire un colpo: 150 milioni tra Osimhen, Politano, Petagna, Lobotka, Demme, Rahmani, più Bakayoko, ed a raffrontare la classifica di oggi con quella targata Ancelotti, nulla è cambiato, settimo in classifica (come al momento dell’addio al leader parmigiano, famoso per la flemma), con un gruppo, il cui valore si è praticamente dimezzato, senza un’idea di gioco, con uno spogliatoio privo di leader e senza una reale programmazione per il futuro. Sarà anche colpa di Giuntoli? Una lancia si può spezzare in favore del direttore sportivo: quante volte aveva tra le mani, contratti che dovevano essere solo firmati e che il Presidente ha sistematicamente stracciato? Pochi sapranno la verità, ma affermazioni di giocatori che potevano e volevano indossare la maglia azzurra, hanno fatto sì che riponessero il sogno nel cassetto, vuoi, molte volte, per le “benedette” clausole relative al diritto di immagine.
Il Napoli è una società poco coraggiosa, non riesce a rimodernarsi, è refrattaria ai mutamenti, e non è competitiva nello scouting, e l’abbiamo “trattato”, come si suol dire in terra vesuviana: gli esempi delle altre squadre sono significativi, l’Inter riconosce a Conte un emolumento che supera i dieci milioni, Il Milan ha affidato ad Ibrahimovic, che supporta Pioli, tantissimi giovani, la Juventus ha rischiato con un tecnico alla sua prima esperienza, la Roma ha preso come direttore generale un esperto che proveniva dal Benfica, l’Atalanta svezza tanti giovani, li fa rendere da campioni in prima squadra e poi ricava gruzzoli corposi cedendoli ovunque. Cosa volete che possa significare in questo perpetuo immobilismo il passaggio del turno in Coppa Italia ai danni di una società che si affaccia, per la prima volta nella sua storia, alla serie A, a 114 anni dalla sua fondazione?
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA