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NAPOLI – Vedere uno spettacolo degno di compagini quali Manchester City e Real Madrid, lascia inebetito, sconsolato e arrabbiato il popolo partenopeo innamorato del Napoli e del calcio spettacolo, quello che Maradona aveva mostrato nei suoi anni all’ombra del Vesuvio.

Perché questa considerazione, perché questa imprecazione? Non è rivolta ai calciatori ( a qualcuno sí, Meret e Malcuit in testa ndr), ma agli infortuni ed alle squalifiche che hanno penalizzato più del dovuto gli azzurri ed è sufficiente andare con la memoria alla gara di Empoli: chi aveva dato forfait? Koulibaly, squalificato per un’ammonizione “inventata da Di Bello, arbitro mediocre ( lo testimoniano le graduatorie di rendimento dei direttori di gara ) durante Napoli-Roma, Di Lorenzo infortunatosi durante Napoli-Udinese, mancato anche alla Nazionale per la gara costata l’eliminazione al Mondiale, Ospina, convocato per giocare, e solo a poche ore dalla partita, costretto ad essere sostituito da Meret.

Ebbene è stato sufficiente schierare questi tre calciatori, ricostituire la linea dei “colored” per fortificare le zone nevralgiche dell’intelaiatura partenopea. E di Mertens, ormai riconosciuto anche dal Presidente, il trascinatore, la mentalità vincente, l’unico dalla forte personalità, cosa ancora si deve sottolineare, se non che Spalletti deve, non può, accettarlo come elemento imprescindibile.

L’armonia e la grandezza che ha mostrato contro il Sassuolo, è un rimpianto che parte da Capodichino e arriva sino ad Agnano, volando sulle ali di una forza dimostrata a più riprese, cavalcando le magie di tutti, nessuno escluso, sempre considerando chi ha commesso marchiani errori in terra toscana, colpevoli di aver fatto svanire un sogno che poteva realizzarsi ancora.

Analizzando le partite perse sia al “Maradona” che in trasferta, non è per accampare scuse, le formazioni schierate lamentavano assenze, non colmate dai sostituti, come a Milano contro l’Inter ( infortunio di Osimhen, nello scontro con Skriniar, con un lunghissimo periodo di fermo ndr) e Fiorentina e Roma, quando Spalletti ci ha messo del suo, lasciando spazio a Mertens in maniera relativa, dandogli minuti, pochissimi con la Roma, sostituendolo ad Empoli prima che i padroni di casa segnassero tre reti, ed entrando , con la Fiorentina, determinando con la sua presenza due reti, una sua, la rincorsa al risultato di parità, non raggiunto per errori di centrocampo e difesa.

Stratega è stato, bisogna riconoscerlo, De Laurentiis, che è intervenuto con decisione, parlando schiettamente a tutti, allenatore compreso ( “se vuole andare via, nessuno lo impedirà”), ma intuendo che, non per accontentare il popolo, era necessario ed indispensabile, dare il testimone dello spogliatoio ad un atleta che conoscesse tutto di questa città, di società, di allenatore ( non ha mai contestato le scelte di Spalletti ndr) e che non sapeva più cosa mettere sul piatto della bilancia: amore immenso per tutti, riduzione dell’ingaggio, gli mancava solo mettersi in ginocchio davanti al Presidente. E quest’ultimo, come accade a Canossa per Enrico IV, ha compiuto lui il passo di presentarsi a casa del belga per accettare tutto, ivi compresa la conferma di “Ciro-Dries” in maglia azzurra. Il Sassuolo ha subito l’impeto della formazione di casa, che ha giocato senza patemi, senza pressioni, se non quella della silenziosa e giustificata contestazione dei tifosi, manifestata solo con uno striscione apposto all’esterno dello stadio. Le parole di Mertens, a fine gara, sono state toccanti e ficcanti: ” C’è dispiacere per lo scudetto mancato, abbiamo sbagliato tutti, c’è rabbia per aver perso occasioni alla nostra portata, non siamo inferiori ad altre squadre, ed io, pur giocando poco, ho dato tutto me stesso, aiutando la squadra. Provo enorme sofferenza per i tifosi che, come mi esaltano, mi hanno fatto innamorare di questa città, cui non rinuncerei per la bellezza e per l’affetto, regalando i natali a mio figlio, che ha già presenziato al Maradona”. Peccato, peccato, davvero peccato!

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