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NAPOLI. E’ una pedina imprescindibile nella carriera di Sinisa allenatore, gli è di supporto da sempre, in tutte le avventure del serbo sulla panchina, anche alla guida della nazionale del suo paese, al tempo in cui fu investito di questo onere: le sue origini, cavese purosangue, inorgogliscono gli abitanti, sportivi e non, della cittadina famosa per i suoi portici, e, nello stesso tempo, le sue capacità hanno, per il momento, reso un primo piacere alla squadra di Spalletti, rosicchiando, il Napoli, due punti ai rossoneri, grazie al pareggio, non eccessivamente sofferto, ottenuto dai felsinei al Meazza, stracolmo di tifosi. Di fatto, il De Leo è la mente pensante del team rossoblu, colui che detta le strategie, che studia ed applica le mosse per ottenere il meglio dagli uomini di cui dispone Mihajlovic, e chi ha avuto modo di osservare la partita di lunedì scorso sugli schermi della tv, avrà certamente notato che veniva inquadrato ogni qual volta si alzava dalla panchina, per suggerire al secondo, Tanjga, quali indicazioni, ivi comprese le sostituzioni, andavano date agli atleti del Bologna.
“Non posso che essere soddisfatto della prestazione dei ragazzi, per nulla intimoriti dal pubblico che spronava gli uomini di Pioli incessantemente, e nonostante la giovane età del gruppo, hanno mostrato il loro valore, sfiorando anche in più di un’occasione la marcatura”. Operando prevalentemente sulla tattica, cosa attribuisci di positivo alla squadra e cosa invece le manca? “Quando ti trovi ad allenare giocatori, la cui età oscilla tra i nati nel 2000 e seguenti, con l’inesperienza che la fa da padrone, devi considerare che possono smarrirsi nel momento in cui c’è da rialzare la testa a causa dell’errore oppure della rete subìta, mentre risulta un fattore positivo l’atteggiamento sfrontato quando ti viene richiesta una prestazione importante, contro avversari di rango: la dimostrazione evidente la si è avuta al cospetto del Milan, non arretrando se non quando la pressione dei padroni di casa si è accentuata, ma ribattendo colpo su colpo, con un atteggiamento mai assimilabile ad una vittima sacrificale.
” Eppure il Bologna ha attraversato un periodo di risultati non convincenti: “Due le motivazioni, la difesa che subiva sistematicamente un gol in ogni gara, e i numerosi contagi Covid che hanno decimato la squadra, soprattutto per mancanza di allenamenti, quindi di preparazione, che ne ha risentito nel corso del campionato: il passaggio da un sistema di gioco spregiudicato ad uno schieramento più guardingo, ha mutato l’andamento del torneo, e solo degli episodi non fortunati non ci hanno consentito di essere più su in classifica.” Siete artefici del primo “aiuto” al Napoli, grazie al pari con il Milan, ed ora vi attendono altre due partite, con Juventus, il 16 aprile, ed il recupero con l’Inter del 27 dello stesso mese: potrete essere giudici per l’aggiudicazione dello scudetto.
“Giocheremo sullo stesso ritmo e concentrazione riscontrato al Meazza, innanzi tutto per rinforzare la classifica (occorrono ancora punti per la matematica salvezza ndr), per offrire altre soddisfazioni al nostro popolo, per vendicare la pesante sconfitta rimediata con l’Inter all’andata, un 1 a 6 che brucia ancora, per dare una risposta al comportamento poco edificante della società nerazzurra ( è stato inoltrato ancora ricorso, dalla sponda dell’Inter, per la vittoria a tavolino ndr), e in ultimo, per accontentare Sinisa che più volte si espresso sulla soddisfazione che proverebbe in caso di vittoria del tricolore da parte degli azzurri.” E Mihajlovic ha, purtroppo, ripreso la strada dell’ospedale, delle cure, della lotta contro la malattia che lo perseguita: “E’ il nostro principale cruccio, vedere un uomo di cui conosciamo la forza fisica, ma soprattutto il coraggio che ha mostrato sia in campo che fuori, la tempra che gli consente di parlare al gruppo dal suo letto sia prima della gara, per caricarci, sia dopo, per congratularsi, sono degli stimoli che non possono essere ignorati dall’intero gruppo, staff compreso. Le sue parole sono sferzate alla vita, sono degli insegnamenti che mi hanno maturato, non solo dal punto di vista calcistico, e le sue lacrime, vere come il sangue che gli ribolle quando è sulla panca, hanno intriso il cuore di tutti noi, uomo rude per chi non lo conosce, persona sensibile e di grande umanità per chi, come me, gli è accanto da una vita, quella che il Signore deve donargli.”
Un piacere potrebbe renderlo non solo al Napoli, ma anche alla sua famiglia: il padre, Roberto, e gli zii, Enzo ed Alfonso, hanno sin da ragazzi coltivato la passione per i partenopei, ed il nonno di cui porta orgogliosamente il nome frequentava l’allora S. Paolo e veniva annoverato un “passionale innamorato degli azzurri”.
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