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GENOA – NAPOLI 2 – 1
GENOA: Perin 8, Goldaniga 7, Radovanovic 7, Criscito 6, Zappacosta 6,5 , Zajc 6 (87’ Rovella s.v.), Badelj 7, Strootman 6,5 (68’ Behrami 6), Czyborra 6, Destro 5 (78’ Portanova 5), Pandev 7 (67’ Scamacca 6).In panchina: Marchetti, Zima, Ghiglione, Melegoni, Onguene, Pellegrini, Ebongue, Dumbravanu.Allenatore: Davide BALLARDINI 6,5
NAPOLI: Ospina 6, Di Lorenzo 6, Maksimovic 5, Manolas 4 (69’ Rrahmani 6), Rui 4, Elmas 6, Demme 6,5 (79’ Bakayoko 6), Zielinski 5 (54’ Insigne 6), Politano 6,5 , Petagna 6 (54’ Osimhen 6), Lozano 6.In panchina: Meret, Contini, Hysaj, Cioffi, Lobotka.Allenatore: Gennaro GATTUSO 6
Arbitro: Manganiello di Pinerolo 5 Assistenti: Costanzo-Prenna. IV Uomo: PiccininiVAR: Di Bello – Avar: LibertiMarcatori: 11’ Pandev (G), 26’ Pandev (G), 79’ Politano (N)
NOTE: terreno in discrete condizioni in una serata fredda e battuta da un forte vento che, comunque, non ha disturbato il gioco. Spalti vuoti. Ammoniti: Badelj (G), Czyborra (G), Lozano (N), Rui (N). Calci d’angolo 6 a 1 per il Napoli. Recuperi: 0’ e 4’.
GENOVA. Chi di Covid ferisce di Covid perisce! Nella gara di andata il virus aveva attaccato pesantemente l’intero team rossoblu, con diverse defezioni, ed il risultato, anche frutto di una gagliarda prova degli azzurri, aveva sorriso al Napoli con un rotondo sei a zero: ieri invece l’aver dovuto rinunciare a Koulibaly e Ghoulam, colpiti dal contagio, è stato il colpo di grazia per una difesa che non si è ritrovata, e Maksimovic, dopo l’infelice prova in coppa Italia, in quanto proprio per vie centrali aveva lasciato concludere gli atalantini, respinti solo da un superlativo Ospina, ci si è messo anche con i passaggi più elementari a complicare la gestione della partita del Ferraris, dando il via alla spumeggiante gara di Pandev: il macedone non ha esitato, dopo appena 11’, a mettere alle spalle del pipelet partenopeo, il vantaggio, grazie ad un passaggio filtrante di Badelj, abile a recuperare la sfera dopo che il difensore serbo del Napoli aveva messo in condizioni Demme di non riuscire a fermarla proprio per un errato disimpegno. Partita in salita, nonostante gli uomini di Gattuso avevano iniziato il match costringendo i genoani a subìre le costanti iniziative degli ospiti, sempre a giostrare nella metà campo dei padroni di casa: schieramento obbligato il 4-3-3 proprio per inforzare la retroguardia orfana del senegalese, che inutile sottolinearlo, offre garanzie a tutto il reparto, e proponendosi anche come suggeritore, dopo aver registrato a dovere il collega centrale Manolas, che , forse si sente più a suo agio in compagnia di Koulibaly, ma l’assenza di quest’ultimo è stata sofferta più del previsto, anche corroborata, in senso negativo, dalla prestazione incolore dell’uomo di fascia, quel Rui, che in occasione della seconda rete di Pandev ha tenuto in gioco l’attaccante del Genoa, e poi oltre ad una serie di conclusioni sballate, ha determinato, unica nota positiva, il cross su calcio piazzato, sul quale si è avventato Petagna (25’), che di testa ha colpito la traversa.
Si poteva riabilitare, in chiusura di partita, con l’incursione su imbeccata di Insigne, ma la spinta ricevuta da Scamacca non veniva rilevata né dal direttore di gara né dal VAR, ed anche questa possibilità di recuperare il risultato veniva eliminata, anzi Manganiello provvedeva all’ammonizione non per simulazione ma per proteste. Il conto totale dei tiri verso la porta difesa da Perin hanno superato le venti unità, mentre le conclusioni dei grifoni si contavano in numero di due, e sono risultate quelle più efficaci, infatti hanno determinato il risultato, ed anche il possesso di palla da parte dei napoletani ha superato del doppio quello ottenuto dal genoa, ma il risultato non è stato mai messo in discussione nonostante questo predominio, e le attenuanti, dopo la settima sconfitta in campionato, non sono tollerabili, ed ancora una volta è emersa la costante che attanaglia i desideri dei supporters azzurri, e cioè che per vincere i trofei occorre avere a disposizione una rosa, non solo competitiva, ma numericamente cospicua, e gli esempi sono evidenti e calzanti: a Genova, in panchina , esclusi i due portieri, solo sette calciatori, di cui un giovanissimo, Cioffi, mentre la Juventus da una gara alla successiva ha sostituito ben sette undicesimi dello schieramento titolare, ma nessuna differenza sostanziale è emersa, il Presidente ha trattenuto degli elementi di valore, ha impegnato oltre ottanta milioni per un giovane che, di belle speranze, ne aveva appiccicate tantissime, ma che si è dimostrato un investimento a lunghissima scadenza, ma non pensando a sistemare un organico che necessitava di rincalzi, soprattutto in difesa che garantissero esperienza ed efficienza. E’ vero, come sostiene l’allenatore, che di “cappelle” se ne possono commettere, ma è inaudito sperare di avere un centrocampo che abbia dei “pensatori” se a tirare la carretta c’è il solo Zielinski, spremuto come un limone, dovendo contare su dei puri incontristi come Demme e Bakayoko ( il Gattuso li definisce interni bassi….), e quindi dovendosi affidare alle genialate sulle fasce, targate Lozano, Insigne e Politano.
Non è da buttare la croce addosso al tecnico, al quale si riconosce lavoro, impegno, dedizione, ma con il materiale umano che si ritrova non è possibile ottenere di meglio. Molti sono coloro che hanno cercato di suggerire idee all’allenatore, ma alla lunga, i moduli lasciano il tempo che trovano, sono sempre gli uomini dell’arte pedatoria che possono fare la differenza, e invocare la sfortuna, che è da tempo che non accompagna il Napoli, è un piangersi addosso che non modifica lo status. Il palo colto da Insigne, le parate sensazionali di Perin ( sul tiro di Demme (71’) c’ è da togliersi il cappello ndr) non affievoliscono la rabbia per il primo traguardo ( il titolo italiano) mancato, e la situazione di emergenza formazione, per la gara di ritorno della Coppa Italia a Bergamo, e per la partita dal “Maradona” contro la Juve di sabato prossimo, potrebbe ridurre a zero le possibilità di procurare qualche soddisfazione al popolo azzurro. Pensare di archiviare un’altra annata all’insegna della delusione sembra non un sogno, ma una triste realtà, ma è mai possibile che all’ombra del Vesuvio non si riesca mai a trovare un padrone che sappia coniugare il verbo “programmare”?
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