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Il governo è strattonato in due direzioni opposte sulla data delle elezioni amministrative, che ha ipotizzato di fissare il 20 settembre: mentre da una parte Fdi insiste, a suon di ostruzionismo in Aula, di fissarle ad ottobre o almeno il 27 settembre, i Governatori hanno minacciato di usare le proprie prerogative e svolgere le Regionali il 6 settembre, per consentire un inizio di anno scolastico senza interruzioni dopo la riapertura. In questo contesto a “ballare” è il decreto che fa slittare in autunno le elezioni Comunali e il referendum costituzionale, che dovrebbero coincidere in un election day.

Il decreto propriamente non fissa una data, bensì indica una finestra entro cui chiamare alle urne i cittadini per il rinnovo di oltre 1.100 Comuni e per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. La finestra indicata dal decreto va dal 15 settembre al 15 dicembre, ma il governo ha già fatto sapere di aver pensato al 20 e 21 settembre per il primo turno e il referendum, e per il 4 e 5 ottobre per il ballottaggio nei Comuni, in Toscane e forse nelle Marche.

In questa regione, infatti, la maggioranza ha annunciato di voler modificare la legge elettorale regionale, introducendo il ballottaggio nel caso in cui al primo turno nessuno raggiunga il 50%. Proposta che fa arrabbiare il centrodestra che ritiene di essere in vantaggio nei sondaggi e che invece potrebbe favorire un accordo tra centrosinistra e M5s al secondo turno.

Ma al di là delle Marche a Fdi non piace proprio la data del 20 settembre per il primo turno. Essa, hanno spiegato alla Camera i deputati facendo ostruzionismo sul decreto, danneggerebbe il turismo, perché la campagna elettorale si svolgerebbe quando ancora è in corso la stagione turistica.

Un ostruzionismo duro, non appoggiato però da Fi e Lega, che non sono intervenuti mai a sostegno degli emendamenti di Fdi, e che sembrano accettare il 20 settembre. Fdi ha proposto come mediazione per interrompere l’ostruzionismo il 27 settembre, ma la maggioranza ha «resistito» sul 20 settembre, con l’esame del decreto che finirà sabato. D’altra parte Fi e Lega, se sostenessero il voto a ottobre, si troverebbero contro due importanti loro governatori, come Luca Zaia e Giovanni Toti, che invece chiedono di anticipare le urne, come d’altra parte i loro colleghi di centrosinistra che guidano le altre quattro Regioni in cui si deve votare (Enrico Rossi, Luca Ceriscioli, Michele Emiliano e Vincenzo De Luca).

C’è dunque un fronte bipartisan dei Governatori favorevoli alle urne in data anteriore al 20 settembre. Tanto è vero che il presidente e il vicepresidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini e Giovanni Toti, in una lettera al governo hanno detto che utilizzeranno «la prima domenica utile di settembre», cioè il 6. Il decreto infatti può fissare la data delle Comunali, non quella delle Regionali, che è prerogativa dei Governatori, con i quali però il governo vorrebbe raggiungere una intesa per fare un unico election day con Regionali, Comunali e referendum. Un dossier che sta gestendo il Viminale e sul quale il ministro per gli affari Regionali, Francesco Boccia spinge per evitare lo strappo con i Governatori, in nome della leale collaborazione che deve essere anche da parte dello Stato e non solo da parte delle Regioni.

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