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Un “non ne posso più” è il refrain che ascoltiamo e pronunciamo più volte durante la giornata, trascorsa per ingannare il tempo che ci vuole segregati in casa, nel lungo periodo che ci vede davanti alla tv oppure a porre orecchio alla radio: “rispetta le indicazioni per evitare il contagio”, “rispettare il decreto del Presidente del Consiglio” rispettare le disposizioni in merito all’autocertificazione per uscire di casa”. In definitiva è l’essere in linea con ciò che dovrebbe, e sicuramente lo sarà, l’unica via di uscita dall’espansione del virus, ma tutto ciò ci fa venire alla mente i comportamenti irriguardosi che costellavano, e chissà se questo isolamento dalla vita, ma soprattutto dagli altri, non li debelli, il nostro quotidiano. Partiamo dai giovani, quanti, che si divertivano (continuerò ad usare il tempo “imperfetto”) a pendere in giro ed a deridere il compagno di classe o di giochi, ricorrendo molte volte anche all’aggressione fisica, e definiti dalla cronaca “bulli”: riacquisteranno da questa esperienza densa di timori e di preoccupazioni, il rispetto per il coetaneo, intuendo che anche il malcapitato di turno avrà un ruolo fondamentale nella vita sociale? E coloro che avevano dimenticato cosa significasse stare in fila, sistemarsi uno dietro l’altro, senza ricorrere al bigliettino per stabilire chi deve essere servito prima e chi dopo? E in quei posti dove regnava l’anarchia totale, il mancato, ora ci vuole, “rispetto” per le regole di buona educazione, per strada come in auto, per le strisce pedonali come per il salire in autobus o in metro, sarà finalmente un valore acquisito? In questa fase di emergenza, ogni disposizione viene vista come un ordine, nonostante trattasi di invito per la difesa nostra e degli altri, ma tutti, dico tutti, fatta eccezione per gli imbecilli, la cui madre è sempre incinta, hanno obbedito, accettato, invitato i restii ad allinearsi, e, come di incanto, l’amicizia, la fratellanza, il “volemose bene” ha trionfato, e pare ci si stia incamminando verso un’Italia più buona, più favorevole a vivere meglio, in sintonia con gli altri, riducendo i fattori di avversione, di inimicizia, di contenzioso, particolarmente quello verbale. Le strade vuote, il silenzio, le acque limpide dei canali di Venezia sono stati il toccasana per capire cosa vuol dire vivere in Italia, tra gli italiani, circondati da bellezze uniche al mondo, e con il desiderio, dopo le tante scorrettezze di altre nazioni, di ergere delle frontiere aperte, ma a pagamento, perché chi ha cercato ed insiste a volerci calpestare, potrà accedere alle nostre infinite risorse storiche, monumentali, paesistiche, solo pagando un dazio di civismo, che a tuttoggi a loro difetta.
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