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Tutto nasce dopo che un professionista, di ritorno da un viaggio in Africa, circa una settimana fa era risultato positivo al Covid-19. Grazie alla collaborazione tra i laboratori della Federico II e del Pascale, Giuseppe Portella della Federico II ha individuato il caso altamente sospetto e in tempi rapidissimi l’equipe di Nicola Normanno del Pascale ha scoperto una variante Covid mai descritta sinora in Italia.
“La sequenza del campione giunta a noi dal Policlinico Federiciano – spiega il ricercatore dell’istituto dei tumori di Napoli – ci ha subito insospettiti perché non presentava analogie con altri campioni provenienti dalla nostra regione. Dopo un confronto con il gruppo del reparto Zoonosi emergenti dell’Istituto superiore di sanità abbiamo avuto la conferma che si tratta di una variante descritta finora in un centinaio di casi in alcuni Paesi europei ed africani, ma anche negli Stati Uniti. Abbiamo immediatamente depositato la sequenza nel database internazionale Gisaid ed avvertito le autorità sanitarie”.
Sono infatti immediatamente partite tutte le procedure previste, a cominciare dal tracciamento dei contatti. Di questa variante al momento non si conoscono il potere di infezione, né altre sue caratteristiche come accade per molte varianti rare del virus. Si chiama B.1.525, e finora ne sono stati individuati soltanto 32 casi in Gran Bretagna, e pochi casi anche in Nigeria, Danimarca e Stati Uniti. Mai finora in Italia. La nuova mutazione è simile alla variante inglese, B117, e contiene una serie di mutazioni che destano allarme tra gli esperti, compresa la mutazione E484K sulla proteina Spike, che si trova all’esterno del virus e che gioca un ruolo importante per l’ingresso del virus nelle cellule.
Questa mutazione è stata anche trovata nelle varianti sudafricane e brasiliane. Sono allo studio eventuali risposte negative all’azione anticorpale dei vaccini. Intanto per quanto riguarda i contagi «il dato di crescita è molto forte», Luigi Atripaldi, direttore del dipartimento di biochimica clinica e microbiologia dell’Ospedale dei Colli di Napoli, non usa mezzi termini quando parla della diffusione della ‘variante inglesè del Covid in Campania. I dati sono questi e preoccupano: in due settimana si è registrata una crescita dal 7 al 20%. “A inizio febbraio abbiamo cominciato lo screening in rete con l’Istituto Superiore di Sanità per la variante inglese. Avevamo una incidenza del 7%, ora dal report di ieri il dato è del 20%», spiega Atripaldi. «Siamo in una rete nazionale – aggiunge – e abbiamo la possibilità di sequenziare tutto il genoma del virus, per così individuare la variante inglese e anche altre possibili varianti che sono anche più pericolose.
E’ chiaro che il dato di crescita è molto forte e quindi il contenimento è davvero necessario». “Un aumento del 13% in due settimane testimonia un incremento considerevole e dimostra che la grande contagiosità di questa variante inglese. Per questo lo stop alla mobilità internazionale e varie forme di lockdown sono molto importanti per rallentare i contagi e proseguire la vaccinazione. E poi bisogna confinare i casi che arrivano da fuori per limitare la diffusione delle varianti » aggiunge Atripaldi. In Campania, per Atripaldi, «al di là della variante inglese e di quella spagnola, che ha circolato da questa estate, non abbiamo avuto altre varianti, ma potrebbero presto venire fuori altre anche molto pericolose». Ciò che preoccupa è che «la variante inglese ha una maggiore capacità di trasmissione e da indagini epidemiologiche pare che colpisca con maggiore frequenza i soggetti giovani».
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