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Da un lato la questione sanitaria con il numero dei contagi che continua a crescere, anche se ieri solo in percentuale; dall’altro il malessere sociale delle categorie produttive penalizzate dalle prove di lockdown e che si manifesta nelle piazze. Napoli e la Campania vivono il momento peggiore dall’inizio della pandemia. Sono circa duemila i nuovi casi di positività al Covid in regione ieri (1981 per la precisione). In termini assoluti numeri inferiori a quelli di domenica, quando il bollettino aveva fatto registrare circa seicento casi in più. Ma superiori in percentuale (positivo oltre il 17%) se si considera che rispetto a domenica sono stati eseguiti oltre cinquemila tamponi in meno. Aumentano anche i posti letto di terapia intensiva occupati: 123 sui 227 disponibili, e quelli dei degenti, 1191 su 1500.
La capacità del sistema sanitario di reggere la seconda ondata di Covid è il fulcro di tutto. Come sottolinea Francesco D’Andrea, direttore del reparto di Chirurgia plastica dell’azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli, che ha vissuto il Covid sulla propria pelle. “Oggi la malattia – spiega – è più gestibile e i numeri di casi gravi sono percentualmente ridotti rispetto alla scorsa primavera. Il problema è l’alta contagiosità e la crescita esponenziale degli infetti. Se è vero che oggi rispetto alla fase 1 si muore di meno – sottolinea – perché la terapie sono più efficaci anche per i casi più gravi, è vero anche che per questi ultimi per guarire è necessario il ricovero in una struttura ospedaliera. Ed è proprio qui che emerge la criticità”.
All’aspetto clinico del problema si aggiungono le conseguenze economiche: ieri, come nel resto del Paese, sono scattate le chiusure per una serie di attività: palestre, piscine, centri benessere, teatri, cinema tra le altre. Ne fanno le spese strutture dall’alto valore sociale come la palestra gestita a Scampia dal maestro di arti marziali Gianni Maddaloni, allenatore di olimpionici che della sua palestra ha fatto un luogo di riscatto per tanti. “Stamattina (ieri per chi legge ndr) ho dovuto dire a sette detenuti che vengono ad allenarsi qui di andare via. E’ stato difficilissimo” – spiega -. Mentre gli esercizi della ristorazione lanciano il loro sos rispetto alla chiusura anticipata alle 18 e anche un caffè storico come il Gambrinus mette in cassa integrazione quindici dipendenti e disegna scenari di chiusura nel giro di due mesi.
“Il crollo del fatturato è dell’80% – spiega Antonio Sergio, che insieme con il fratello Arturo ne è il proprietario – di questo passo, entro un paio di mesi rischiamo di dover chiudere”. La tensione, tra gli esercenti, aveva toccato l’apice dopo la diffusione dell’ultima ordinanza di De Luca che vietava anche l’asporto. Un mero errore materiale corretto con una nota in mattinata in cui la Regione ha precisato che l’asporto è consentito fino alle 22,30. Un migliaio di operatori economici che nel pomeriggio si sono ritrovati in piazza del Plebiscito per far sentire la loro voce. Una manifestazione alla quale in un primo momento aveva annunciato la sua presenza anche una delegazione della giunta di Napoli. Adesione poi venuta meno “per evitare strumentalizzazioni”.
La manifestazione di piazza Plebiscito è diventata un sit in con comizio improvvisato sotto la sede della regione Campania, raggiunto al termine di un corteo. Tra gli esercenti qualcuno ha provato a sfidare la chiusura del locale in programma alle 18. Altri si sono adeguati optando per la protesta. Macabra, ma indicativa del malessere che c’è, quella inscenata da un ristorante di Santa Lucia che ha esposto una bara accanto all’insegna luminosa e i manichini di due camerieri impiccati alla fune. La caccia al virus ha tra le sue conseguenze anche soluzioni tra le più disparate di cui si rendono protagonisti i comuni.
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