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NAPOLI – L’accordo tra Regione Campania e sanità privata per poter usufruire di posti letto aggiuntivi durante l’emergenza covid finisce sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti: secondo le indagini svolte finora dalla Guardia di Finanza di Napoli, potrebbe ammontare a circa 20 milioni di euro il danno erariale per le somme erogate in modo non corretto a 56 strutture private, in base a quell’accordo. Lo scrive oggi l’edizione napoletana di Repubblica.
Oggetto del contendere – già al centro di esposti della Cgil e del M5s – alcuni punti di quella intesa, in particolare quello che prevedeva di pagare “il 95 per cento del budget mensile assegnato ogni anno alle singole cliniche a prescindere dal valore reale della produzione”. Una norma varata nei giorni dello scoppio dell’emergenza, poi ridimensionata nelle settimane successive, che in sostanza avrebbe consentito ai privati di ottenere introiti pur in assenza di posti letto realmente utilizzati. In ogni caso sulla correttezza dell’accordo e delle successive procedure di pagamento dovrà ora esprimersi la procura regionale della Conte dei conti, sul cui tavolo è giunto il dossier investigativo delle Fiamme gialle.
La senatrice campana del Movimento 5 Stelle Maria Domenica Castellone, componente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, va all’attacco: “A fine marzo la Regione Campania aveva stipulato un accordo di tre mesi con le cliniche private finalizzato a supportare la sanità pubblica che non possedeva un numero di posti in terapia intensiva sufficiente a fronteggiare una eventuale ondata di contagi da coronavirus. Accordo finito al centro di una inchiesta aperta dalla Corte dei Conti, in seguito alla segnalazione di una Asl campana che aveva spinto la procura all’apertura di un fascicolo poi inoltrato anche alla Guardia di finanza.
Su questo tema, come rappresentanti del Movimento 5 stelle, presentammo un esposto in procura”. “L’accordo stipulato dalla Regione – afferma – stabiliva il pagamento, ogni 30 giorni, del 95 per cento del budget mensile già assegnato nel 2018 a ogni struttura privata, senza rendicontare le attività e le prestazioni realmente eseguite, nonostante nel decreto cura Italia il budget da rimborsare fosse stato fissato al 70 per cento. Sulla vicenda – spiega – ho anche presentato una interrogazione in Senato, chiedendo al ministero della Salute di procedere ad appropriate verifiche e dovuti approfondimenti. Dopo tre mesi di indagini serrate condotte dal vice procuratore Licia Centro e dal sostituto procuratore Davide Vitale, la Guardia di finanza ha scoperto un danno erariale di quasi 20 milioni di euro: soldi pubblici finiti nelle casse di 56 cliniche private, che pur non avendo ricoverato pazienti e prestato cure, hanno ugualmente ricevuto rimborsi. I punti oscuri sulla gestione dell’emergenza Covid erano stati messi in luce anche da Report”
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