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NAPOLI- A tre settimane al voto la terza città italiana continua ad apparire poco interessata alla corsa elettorale. Anche ieri, mentre i più fortunati si godevano il sole estivo sulle terrazze panoramiche o sui pochi litorali praticabili, i temi centrali erano i soliti: il calcio (la vittoria del Napoli sulla Juve), il crimine (gli agguati dei clan nelle strade), il gossip internazionale e gli inciuci del quartiere.
E con la ben nota mollezza levantina, la curiosità si fa pigro quesito da bar: «Dottò, ma voi che dite, chi vince, Bassolino? ». Va subito chiarito che il riferimento esplicito all’ex governatore non è casuale: stando ai sondaggi il suo è l’unico nome conosciuto da quasi tutti gli interpellati. Per quanto riguarda gli altri candidati, infatti, c’è una fetta (non piccola) di cittadini che continua a ignorarne l’esistenza o giù di lì.
Un serio problema di visibilità (e dunque di comunicazione) che rischia di inficiare gli encomiabili sforzi che pure si stanno facendo per riavvicinare i napoletani alle urne (i dati relativi alla scorsa tornata sono a dir poco imbarazzanti) ed evitare che ancora una volta vinca il partito di non votanti. Intanto, stando alle intenzioni di voto raccolte da Arcadia-Winpoll per il “Mattino”, per usare una citazione ciclistica: c’è sempre un uomo solo al comando e la sua maglia è giallorossa. Metafore sportive a parte, il campione degli intervistati pone Gaetano Manfredi in testa e con un vantaggio sinanche cresciuto rispetto all’ultima ricognizione: dal 40,4 è passato al 47,4%.
Parallelamente aumentano le ambasce per il suo primo avversario: oltre a essere drasticamente distanziato, Catello Maresca scende dal 23,3 scende al 21,1, a conferma del periodaccio che sta attraversando la coalizione di centrodestra, che rischia di andare incontro a una debacle (specie se si considera che sin dai tempi di Lauro e di Almirante la città è stata per decenni una solida roccaforte elettorale).
A seguire fa notizia anche il rallentamento della macchina da guerra bassoliniana, che i dati danno stabile intorno al 17% (percentuale comunque ragguardevole), una cifra che – come fa notare qualche smaliziato osservatore – non è così lontana da quella attribuita a Maresca. E il rimando sotterraneo è alle voci che danno per acclarato un “ordine di scuderia”, nelle fila del centrodestra, che chiederebbe l’applicazione di un “disinvolto” voto disgiunto. Solo voci?
Infine, la malinconia e apparentemente irreversibile caduta di Alessandra Clemente (in calo sotto il 10%). Una candidatura, la sua, che era subito apparsa molto fragile ma che ha finito col diventare una sorta di missione suicida quando lo stesso promotore (de Magistris)ha clamorosamente abbandonato l’ex pupilla al suo destino, seguito a ruota dalla stragrande maggioranza dei suoi sodali in un’imbarazzante fuggi fuggi che rimarrà negli annali.
Va anche detto che sugli scarsi risultati fin qui raccolti ha inciso, e non poco, il giudizio fortemente negativo (eufemismo) sul decennio arancione, un elemento che la sorridente candidata sembra aver totalmente ignorato.
A margine occorre sottolineare che i sondaggi vanno sempre presi per quel che sono e che a Napoli più che altrove le dinamiche e le tendenze di voto sono molto fluide e i colpi di scena dietro l’angolo. Tanto più che quasi il 35% dei napoletani interpellati ha detto di non sapere ancora per chi votare e se andrà a votare.
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