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NAPOLI – Quasi sessanta lavoratori in nero scoperti dai carabinieri in un unico laboratorio del Napoletano dove si lavoravano pellami per note griffe di moda, di cui 43 – tra questi una donna incinta e due ragazzi minorenni – tenuti segregati dal titolare dietro una porta blindata durante l’ispezione dei militari, protrattasi per sei ore. É accaduto a Melito, alle porte di Napoli; il titolare dell’azienda è stato arrestato ed è finito ai domiciliari su ordine del Gip del Tribunale di Napoli Nord.
«Ho sbagliato» sono le parole pronunciate dall’imprenditore ai carabinieri che lo hanno ammanettato dopo aver liberato i dipendenti segregati, ormai allo stremo delle forze in quanto lasciati senza servizi igienici e finestre per diverse ore. Il blitz è stato coordinato dalla Procura di Napoli Nord, diretta da Francesco Greco, che da tempo ha lanciato un’offensiva contro il lavoro nero e il caporalato, setacciando a tappeto soprattutto gli opifici, in particolare calzaturifici e laboratori per la produzione delle pelli, dove si registrano spesso episodi di sfruttamento e di totale mancanza di regole.
Molto grave quanto emerso a Melito dove il laboratorio che lavora per importanti griffe di moda andava avanti quasi esclusivamente con il lavoro non contrattualizzato, fatto soprattutto da donne. L’ispezione è stata effettuata dai carabinieri del Nas di Napoli guidati da Vincenzo Maresca, che in totale hanno scoperto nell’opificio 78 operai, di cui 57 risultati senza alcun contratto. Appena entrati nel laboratorio, i militari hanno subito scoperto 35 operai, dei quali 14 in nero; ovviamente le operazioni sono andate per le lunghe, e verso la fine, dopo quasi sei ore, i carabinieri hanno notato una porta blindata. «Cosa c’è dietro?» hanno chiesto i carabinieri all’imprenditore senza ottenere risposta. A quel punto hanno aperto la porta trovandosi davanti altre 43 persone con i volti stremati e terrorizzati, tutti dipendenti in nero che verosimilmente l’imprenditore non aveva fatto in tempo a nascondere. Appena «liberati» dai militari, i lavoratori hanno chiesto di andare in bagno prima dell’identificazione.
I militari hanno sequestrato il laboratorio con le attrezzature per circa 2,5 milioni di euro e comminato sanzioni per 600mila euro.
Numeri alti, che confermano le pratiche illegali che coinvolgono un gran numero di aziende tra le province di Napoli e Caserta. Ad Aversa, pochi chilometri da Melito, la Guardia di Finanza ha sequestrato due calzaturifici che non avevano alcuna autorizzazione per lo smaltimento di rifiuti, trovandovi undici lavoratori in nero; una delle due aziende non aveva neanche l’allaccio alla rete elettrica, ma usava un magnete per allacciarsi abusivamente.
«Occorre intensificare i controlli e mettere in piedi una task force che coinvolga istituzioni, forze dell’ordine e organi ispettivi in grado di individuare situazioni di questo tipo e colpire i responsabili» ha affermato, intervenendo sulla vicenda di Melito, il segretario generale della Cgil di Napoli, Walter Schiavella, che ha poi annunciato una marcia contro il lavoro nero e per uno sviluppo civile del territorio organizzata per martedì 19 novembre a Giugliano in Campania dal Coordinamento promosso da Camera del lavoro di Napoli, Flai-Cgil, Associazioni giovanili del territorio, organizzazioni del mondo cattolico, Comunità Parrocchiali, Libera Campania.
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