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Droga, telefonini, ma pure pesce fresco. Che pure a Poggioreale esistesse un “metcatino” illegale era una cosa sospettata da molti, ma che il regista di tutti i traffici fosse un insospettabile (o quasi) lo immaginavano in pochi. Ieri il colpo di scena: a finire in manette è stato addirittura il garante comunale dei detenuti: Pietro Ioia. Il 63enne è un personaggio noto in città e non solo perché dopo aver pubblicato un libro-denuncia che fece molto discutere – e aprire un’indagine della magistratura – e poi ispirò uno spettacolo teatrale, quindi fondò l’associazione “Ex detenuti napoletani organizzati”. In breve divenne, un simbolo di redenzione e riscatto, entusiasmando una certa Napoli particolarmente bisognosa questo tipo di narrazioni consolatorie e “incoraggianti”. Il passo successivo fu la nomina a garante comunale, una figura non prevista dalla normativa (c’è il garante regionale), voluta dal sindaco De Magistris (che ieri ha parlato di “scelta coraggiosa”) osteggiata da più parti, specie dai sindacati della penitenziaria sia da altre forze politiche, in primis la Lega.
Ulteriori “premi” per la sua scelta di cambiar vita giunsero all’ex narcos dal mondo del spettacolo. Ioia ha recitato anche nel film di Claudio Giovannesi «La Paranza dei bambini», tratto dal libro di Roberto Saviano e vincitore dell’Orso al Festival di Berlino per la sceneggiatura. Nella pellicola aveva il ruolo di un “maestro” che istruiva i ragazzini su come si tagliano hashish e cocaina, e come si smerciano. “Non ho fatto fatica a mettermi nei panni di Alvaro (il personaggio, ndr). Ho fatto 22 anni di carcere per spaccio e traffico. Era la mia vita », dichiarò lui all’uscita del film. Non solo. Ioia ha partecipato anche come location manager alla realizzazione della docuserie di Sky «Camorriste 2», andata in onda nel 2017. E ieri il regista non ha potuto fare a meno di manifestare la propria delusione: “Tra noi nacque un’amicizia e adesso, con questo gesto, ha completamente svilito la sua aspirazione di redenzione iniziata attraverso il percorso culturale”, ha detto ieri Paolo Colangeli.
Dalla delusione degli amici e dei “fan” alle parole del gip Valentina Giovanniello, che nell’ordinanza scrive: “Pietro Ioia, sfruttando il suo ruolo di Garante dei detenuti, piuttosto che agire nell’interesse della collettività, ne approfittava per trarne occasione di ingenti guadagni, mettendosi al servizio del gruppo criminale e facendosi corrompere ripetutamente”. Per il giudice, Ioia era “il perno principale dell’attività illecita del sodalizio, non fosse altro che perché la sua qualità di garante dei detenuti era il mezzo necessario per l’accesso al carcere e, dunque, per la consumazione dei reati”. E ancora: “loia era a piena disposizione del gruppo criminale, ad esso legato a doppio filo soprattutto dal forte movente economico, visti i lauti guadagni”. Tra i tanti commenti che hanno accompagnato l’arresto del 63enne, spicca quello di Donato Capece, segretario generale del Sappe: “L’introduzione di telefonini o di oggetti non consentiti nelle carceri è un grosso problema che nuoce alla sicurezza sia dei poliziotti sia dei reclusi. E’ opportuno che il nuovo ministro preveda dei provvedimenti più restrittivi per normalizzare la legalità negli istituti e nelle sezioni detentive”.
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