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– Poteva sfociare in una strage che avrebbe convolto anche due persone «innocenti», l’agguato di chiaro stampo camorristico scattato davanti al Roxy Bar di Arzano, in provincia di Napoli, nel quale sono rimaste ferite tre persone ritenute legale alla camorra locale e due avventori che con la criminalità organizzata invece non c’entrano nulla.

I killer, due secondo quanto riferito da alcuni testimoni, hanno sparato parecchi colpi d’arma da fuoco per uccidere Salvatore Petrillo, quasi 29 anni, ora ricoverato in pericolo di vita nell’ospedale di Giugliano in Campania. Si tratta di un pregiudicato e sorvegliato speciale, imparentato con il ras della zona Pasquale Cristiano, quest’ultimo ritenuto a capo del gruppo criminale che ha la sua roccaforte nel rione «167» di Arzano, località non è molto distante dal luogo del raid.

Insieme con lui sono state ferite anche altre due persone ritenute a lui legate: Pio Vincenzo Merolla, 18 anni, pure lui ricoverato in gravi condizioni nello stesso ospedale in cui si trova Petrillo, e di Luigi Casola, 39 anni, del rione «167», ricoverato nell’ospedale di Acerra con una ferita alla gamba. Feriti, per fortuna in maniera non grave, Roberto Lastra, 36 anni, incensurato, ricoverato nell’ospedale di Frattamaggiore, e Mario Abate, 61 anni, imparentato con il gestore dell’esercizio commerciale dove è avvenuto il raid. «E’ mio zio, stava prendendo un caffè mentre parlava con mia moglie», racconta all’ANSA Armando, titolare del Bar Roxy. «Quando ho sentito gli spari – dice, ancora scosso dalla paura – ho afferrato mia moglie che era con me dietro al bancone e l’ho tirata giù. Siamo rimasti così per alcuni interminabili momenti fin quando abbiamo capito che i sicari se n’erano andati. Sul pavimento c’era tanto sangue e i feriti che si lamentavano. Sono scene che non dimenticherò mai».

La figlia, terrorizzata per l’accaduto, gli ha chiesto di scappare a Londra. Armando ammette che, lì, in quel popoloso comune del Napoletano, la gente si sente abbandonata dallo Stato. «Eppure non posso mollare, – dice dandosi forza – anche perché qui c’è tutta la mia vita. E poi ieri sera tutti i miei amici e le persone che mi conoscevano sono venuti al bar a darmi forza». Le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna si stanno concentrando sull’analisi dei sistemi di videosorveglianza, per delineare la dinamica del raid e identificarne chi ha sparato una decina di colpi calibro 9.

Per il ‘Comitato di liberazione dalla camorra Area Nord di Napolì, che riunisce associazioni, parrocchie, gruppi di volontariato, rappresentanti istituzionali e cittadini, ieri sera uno dei clan della zona ha voluto lanciare un messaggio chiaro ai rivali. «Ma non ci preoccupa solo quello che accade ad Arzano, anche ad Afragola la camorra si fa sentire e utilizza le bombe contro i negozianti», affermano, in una nota, i promotori che chiedono di incontrare quanto prima il prefetto di Napoli “per riprendere il dialogo aperto dopo la stesa dello scorso luglio nel Parco Verde di Caivano», quella contro la quale si era scagliato il parroco anticamorra don Maurizio Patriciello.

«Non si può più consentire che i territori diventino ostaggio delle guerre di camorra, con il grosso pericolo che ci vadano di mezzo persone innocenti. Siamo tutti in pericolo», ammonisce il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli, che nel giugno scorso, denunciò la tracotanza del clan del rione «167″: per la prima comunione del figlio, il ras, malgrado fosse ai domiciliari, prese parte a un corteo per le vie di Arzano a bordo di una Ferrari. Qualche giorno dopo gli venne notificato un aggravamento della misura cautelare e dai domiciliari finì in cella.

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