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«Guidavo quell’auto ma non l’ho investito io, io non sono nemmeno un tifoso del Napoli, anzi mi piace l’Inter e mi sono anche tesserato nella tifoseria nerazzurra». Con queste parole, in sostanza, ha voluto difendersi, davanti al gip di Milano Guido Salvini, Fabio Manduca, l’ultrà napoletano di 39 anni arrestato venerdì scorso con l’accusa di omicidio volontario per aver travolto e ucciso col suo suv Daniele Belardinelli all’ini – zio degli scontri del 26 dicembre 2018 in via Novara, nel capoluogo lombardo, prima di Inter-Napoli. In pratica, Manduca, per meno di un’ora davanti al giudice alla presenza anche del pm Rosaria Stagnaro, con dichiarazioni spontanee e qualche risposta al gip, ha tentato di negare di essere stato lui ad investire il 39enne ultrà del Varese (tifoseria gemellata con quella nerazzurra), raccontando che lui, con la sua Renault Kadjar, è soltanto «andato dietro alla volante della polizia», che seguiva una parte della carovana degli ultras partenopei diretti a San Siro e sorpresi dall’assalto degli interisti armata di mazze, bastoni e coltelli. Inizialmente, Manduca, assistito oggi da un legale d’ufficio perché i suoi avvocati di fiducia non erano presenti, ha detto che non intendeva rispondere e poi, invece, ha cercato di respingere l’accusa. Ha solo confermato che era alla guida della Kadjar, ma allo stesso tempo ha sostenuto di non essere «un vero ultrà, non sono un ultrà del Napoli – ha aggiunto – anzi mi piace l’Inter, ho preso anche la tessera il 21 dicembre», ossia solo cinque giorni prima della ‘guerriglià. «Sono anche andato a vedere Barcellona-Inter in Spagna», ha raccontato ancora. Degli altri quattro che erano in macchina con lui «io conoscevo solo Giancarlo Franco (fratello di Vincenzo, uno dei leader della curva del Napoli, ndr), sono un suo amico – ha messo a verbale il 39enne, con una dozzina di condanne alle spalle, anche per truffa, ricettazione e lesioni – gli altri tre li ho conosciuti quella mattina». Il 7 gennaio scorso, sentito come teste, il tifoso aveva raccontato di aver superato, accelerando, «due minivan» quella sera. Poi, interrogato da indagato, si era avvalso per due volte della facoltà di non rispondere. Secondo l’accusa, invece, Manduca avrebbe superato un’Audi A3 accelerando verso gli ultrà interisti, avrebbe puntato Belardinelli e l’avrebbe travolto, fermandosi solo più avanti per controllare le condizioni dell’auto (come documentato nelle immagini). Stando all’ordinan – za, inoltre, avrebbe anche legami con clan della camorra, oltre che con il gruppo ultrà del Napoli dei ‘Mastiffs’. «Qual omicidio, chill se vuttat iss annanz a machin, frà (quale omicidio, quello si è lanciato lui davanti alla macchina, fratello, ndr)», disse intercettato, il 6 aprile, ad un amico, una telefonata dalla quale, per il gip, «emerge con chiarezza” la sua «piena consapevolezza dell’investimento». L’intercettazione è proprio una delle prove a carico dell’ultrà napoletano, assieme alle «ammaccature» della sua Renault, al lavoro fatto dalla Digos nel ricostruire minuto per minuto la ‘guerriglià e l’investimento e all’incrocio delle varie versioni nei verbali di altri indagati per la maxi rissa.

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