Al Sud demolizioni ferme al palo
6 minuti per la letturaNAPOLI – Nelle regioni del Sud Italia, dove il fenomeno dell’abusivismo edilizio ha pesantemente compromesso il territorio, le demolizioni sono ferme al palo andando così ad aumentare il divario con un Nord Italia che, invece, fa più controlli, sanziona l’abuso e demolisce. È quanto emerge dalla seconda edizione del dossier “Abbatti l’abuso” di Legambiente sulle mancate demolizioni edilizie nei comuni italiani.
Sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente, nella Penisola dal 2004, anno dell’ultimo condono, al 2020 è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato trainato dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord. Bene Veneto e Friuli Venezia Giulia che, nella classifica per numero di ordinanze di demolizioni eseguite, superano entrambe il 60%, seguite da Valle d’Aosta (56,3%), Provincia autonoma di Bolzano (47%), Lombardia (44,2%). Poi ci sono Piemonte, Liguria e Toscana che dichiarano di aver demolito almeno il 40% degli immobili o degli interventi abusivi colpiti da ordinanza di abbattimento.
Male, invece, il Sud Italia dove, a parte la Basilicata con un 26% delle ordinanze di demolizioni eseguite, vede la Puglia piazzarsi in fondo alla classifica con un misero 4%, preceduta dalla Calabria (11,2%), dalla Campania (19,6%), dalla Sicilia (20,9%) e dal Lazio (22,6%).
In particolare in Puglia, Calabria, Sicilia e Calabria, tra le regioni più segnate dalla presenza mafiosa e dove stando all’ultimo rapporto Ecomafia si concentra il 43,4% degli illeciti nel ciclo del cemento registrati in Italia nel 2019, sono state emesse 14.485 ordinanze di demolizione (con la Campania a guidare la classifica nazionale con 6.996 provvedimenti di abbattimento) e ne sono state eseguire appena 2.517, pari al 17,4%.
In altri termini, cinque volte su sei l’abusivo ha la quasi matematica certezza di farla franca. Può andargli ancora meglio se l’immobile è stato realizzato lungo le coste: se si considerano solo i comuni litoranei, infatti, la percentuale nazionale di abbattimenti scende a 24,3%.
Numeri nel complesso preoccupanti che per Legambiente dimostrano come in Italia l’abusivismo e il cemento illegale siano ancora una piaga da sanare. A ciò si aggiunge anche il pasticcio generato nelle scorse settimane dalla circolare interpretativa inviata dal ministero dell’Intero a tutte le prefetture che va ad azzerare l’efficacia della norma, inserita nel Dl Semplificazioni, che attribuisce ai prefetti il potere sostitutivo nelle demolizioni degli abusi edilizi, di fronte all’inerzia dei Comuni che emettono le ordinanze ma non le eseguono.
Applicando le disposizioni della circolare ministeriale – denuncia Legambiente – si va a ristringere l’ambito d’azione dei prefetti ai soli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e, escludendo tutte le ordinanze su cui sia pendente un ricorso per via amministrativa, decine di migliaia di manufatti illegali sono destinati a rimanere esattamente dove sono, com’è successo finora.
A confermare l’inequivocabile senso della norma sono le 935 ordinanze inevase trasmesse, da settembre 2020 a marzo 2021, dai Comuni alle prefetture. Ai 7.909 comuni d’Italia (hanno risposto in maniera completa e corretta 1.819 amministrazioni, il 23%), è stato chiesto di fornire il numero di ordinanze di demolizione emesse dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, al 2020; il numero di esecuzioni; il numero di immobili trascritti al patrimonio pubblico e quello delle pratiche trasmesse alle Prefetture come previsto dalla nuova legge (L.120/2020) in caso di inottemperanza entro 180 giorni. In fatto di trasparenza della pubblica amministrazione, si distingue la Provincia autonoma di Bolzano, dove il 55,2% dei Comuni ha fornito i dati richiesti. Seguono Valle d’Aosta (40,5%), Emilia Romagna (36,6%) e Friuli Venezia Giulia (34,4%). Sopra il 25% l’Umbria, il Veneto, la Toscana, il Piemonte, la Lombardia e la Liguria. Sotto tutte le altre regioni. Maglia nera alla Calabria, dove rispondono solo 15 comuni su 404 (il 3,7%).
Per quanto riguarda le demolizioni, su scala provinciale la performance migliore è quella di Pordenone: 94,8% delle ordinanze di demolizione eseguite. Bene anche i comuni delle province di Biella (92,3%), Rovigo (91,1%) e Belluno (89,7%). Nelle regioni più ‘abusive’ i risultati migliori sono quelli nelle province di Rieti (52.1%), Avellino (38,4%), Palermo (34,6%) e Agrigento (33,5%).
Male, invece, le province di Nuoro, con 662 ordinanze e 28 demolizioni eseguite (4,2%), Foggia con 839 ordinanze di abbattimento di cui solo 19 eseguite (2,3%), Siracusa con solo 2 ordinanze eseguite su 470 (appena lo 0,4%) e Catanzaro con 174 ordinanze di demolizione comunicate dai Comuni, nessuna delle quali portata a buon fine.
Tra i capoluoghi di provincia, il tasso di risposta all’indagine è del 36,4% e il rapporto tra ordinanze e demolizioni scende al 25,8%. La città di Pordenone che, nel periodo considerato, ha demolito il 100% degli immobili sanzionati e può aggiungere al risultato un numero rilevante di autodemolizioni da parte dei proprietari ancora prima di emettere le relative ordinanze. Promosse anche le città di Lecco e Rovigo con il 100%, e Biella con il 98,1%. Il migliore tra i comuni con più di 100mila abitanti è Forlì, con il 71,5%.
Merita menzione Avellino, prima tra le città del sud, che ha demolito il 48% degli immobili abusivi. Da leggere con attenzione i dati relativi a Milano (unica grande città ad aver risposto), con appena 6 demolizioni eseguite a fronte di 443 ordinanze (1,4%), Reggio Emilia (3 ordinanze eseguite su 383, pari allo 0,8%) e Lucca, con nessuna demolizione eseguita a fronte di 447 ordinanze. Non si tratta, infatti, di Comuni che rientrano nelle aree dove l’abusivismo edilizio è più radicato e invasivo, come Brindisi (una sola demolizione messa a segno su 409 abusi con relativo provvedimento di demolizione).
Quando il proprietario di un immobile abusivo non rispetta l’ingiunzione alla demolizione entro i 90 giorni, l’edificio viene automaticamente acquisito al patrimonio immobiliare pubblico. Ma in assenza di controlli o sanzioni, i Comuni non procedono alle trascrizioni. Dal questionario di Legambiente, emerge che solo il 3,8% degli immobili risulta ufficialmente nel patrimonio immobiliare degli enti locali. In controtendenza, c’è la Sicilia, che guida la classifica regionale degli immobili acquisiti a patrimonio pubblico (873) dove i Comuni hanno formalizzato la proprietà nel 19,2% dei casi.
In valori assoluti la seconda regione è il Lazio (540 immobili acquisiti), seguita dalla Campania (212), dall’Emilia Romagna, con 135 trascrizioni, e dal Piemonte (89). La provincia con il numero maggiore di acquisizioni è quella di Roma, con 494, segue quella di Catania (255), Napoli (198), Trapani (194), Agrigento (184) e Siracusa (153).
Nel questionario inviato ai Comuni, Legambiente ha chiesto anche di indicare il numero di pratiche inevase inviate alle prefetture sulla base della legge 120/2020. In Sicilia, i Comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente hanno già trasmesso ai prefetti il 12,7% delle proprie ordinanze non eseguite e ben il 48,6% del totale nazionale delle pratiche trasmesse ai prefetti, ossia 454 su 935. Le province che hanno applicato la nuova norma in modo più significativo sono quelle di Agrigento, Nuoro, Palermo, Siracusa, Roma e Trapani.
“Procedere con gli abbattimenti – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è il migliore deterrente perché si scongiuri il sorgere di nuovi abusi edilizi. Il quadro che emerge dal nostro dossier conferma la necessità, non più procrastinabile, di avocare allo Stato il compito di riportare la legalità dove le amministrazioni locali non sono riuscite a farlo per decenni.
Per questo, su proposta di Legambiente, lo scorso, anno è stata approvata una norma inserita nel Dl Semplificazioni che assegna alle prefetture la responsabilità di demolire stante l’inerzia prolungata dei Comuni; ma con la sconcertante circolare interpretativa della legge del Ministero dell’Interno ora ciò verrà meno andando a tradire il senso e l’obiettivo di quanto approvato in Parlamento”.
Per questo “abbiamo elaborato un emendamento all’ultimo decreto Semplificazioni del governo Draghi con l’obiettivo di ricondurre a un’interpretazione autentica della disposizione, nel pieno rispetto della ratio legis, fugando ogni margine di dubbio circa la sua applicazione. Alla ministra Lamorgese e al Parlamento chiediamo di rivedere e correggere la nota interpretativa del ministero riaffermando il potere d’intervento dei Prefetti su tutte le ordinanze emesse dai Comuni. Per liberare il Paese dallo sfregio del cemento selvaggio e dall’abusivismo impunito serve un netto cambio di direzione che solo la classe politica può intraprendere, non sono ammessi più ritardi o passi falsi”.
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