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Diverse volte, anche dall’ospedale di Sessa Aurunca, l’uomo «è stato rimandato indietro perché non in grado di gestire la sua condizione», sottolinea il garante. Dalla Direzione sanitaria del carcere di Santa Maria Capua Vetere, il 19 luglio, è stato poi inoltrata alla Corte di Assise d’Appello (IV sezione), una ulteriore dichiarazione di incompatibilità, che non ha avuto per ora riscontro.
“Ancora oggi – ha affermato Ciambriello – mi chiedo come mai non gli vengano concessi gli arresti domiciliari presso l’abitazione della sorella. È uno dei pochi casi in Campania in cui l’incompatibilità con il sistema carcerario è stata dichiarata tale da più strutture pubbliche.
Il diritto alla salute è incompatibile con la permanenza in carcere, per Giovanni C. in primis e per tutti coloro che versano in condizioni fisiche precarie. C’è bisogno di strutture di accoglienza, anche e soprattutto per i detenuti che non hanno supporto familiare. Insomma la pena non può configurarsi come vendetta. Chi è incompatibile con il carcere, deve uscire dallo stesso, ma non da morto».
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