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Dopo tanta attesa da parte del pubblico, torna in tv la serie di successo L’amica geniale – Storia del nuovo cognome, tratta dal bestseller internazionale di Elena Ferrante, con la regia di Saverio Costanzo. L’appuntamento è per lunedì 10 febbraio, alle ore 21.25, su Rai 1 con i primi due episodi. La narrazione si era interrotta sullo sguardo beffardo di Marcello Solara, presentatosi inaspettatamente al matrimonio di Lila indossando ai piedi proprio una delle prime creazioni della giovane. Un’unione che pone le sue fondamenta su un tradimento, su una mancata promessa. Lo sposo, Stefano Carracci, sembra infatti aver messo l’interesse economico davanti a tutto, senza dar conto alle conseguenze dell’amore. A Lila non resta che trovare qualche insperato conforto negli occhi di Lenù, mescolando le proprie lacrime alle sue.
Intervistata in esclusiva, l’attrice Valentina Acca, alias Nunzia Cerullo (madre di Lila), che avrà un ruolo chiave nel corso della seconda stagione.
Manca ormai poco alla seconda stagione, cosa dobbiamo aspettarci?
La serie riprenderà esattamente da dove è finita. Lo spettatore dovrà aspettarsi sicuramente dei nuovi orizzonti emotivi che interesseranno un po’ tutti i personaggi. L’ambientazione sarà quella colorata e vivace degli ’60, con l’Italia che vive una sua fase di crescita. I personaggi si troveranno spesso fuori dal rione. Non posso entrare ovviamente nei dettagli della trama, ma posso assicurare che ci sarà un ritmo sempre più travolgente.
Dalle anticipazioni circolate, si intuisce che il matrimonio di Lila si rivelerà un inferno. Quale sarà la dinamica dell’evoluzione dei personaggi?
La storia avrà un’accelerazione per tutti. Ci saranno situazioni anche un po’ rocambolesche. Non solo Lila vivrà forti cambiamenti, ma anche Rino, nella serie, il mio primogenito. La giovinezza li renderà più avventurieri, più coraggiosi, prenderanno in mano le redini della loro vita, anche col rischio di schiantarsi.
Uno dei dialoghi più toccanti dalle prima stagione, è quello fra Nunzia Cerullo (il personaggio che interpreta) e la maestra. Nunzia spiega che, nonostante le evidenti qualità di sua figlia, sarà impossibile convincere il padre per farle proseguire gli studi. Una figlia femmina alle scuole dei signori e i fratelli a lavorare, non è uno scenario immaginabile per le regole della famiglia. Nunzia si pentirà di non aver insistito abbastanza?
Pentimento forse è una parola forte in questo caso. Dalla penna di Elena Ferrante prima e dal riadattamento cinematografico di Saverio Costanzo poi, si comprende benissimo che Nunzia Cerullo è una donna che sta sempre accanto alla figlia, ma non ha sufficiente autorità per incidere sul pensiero del marito. Le regole della società, le regole del rione non permettono una piena emancipazione. Nunzia rappresenta un po’ le difficoltà di una madre, l’essere madre, un genitore che sta nell’ombra… Pentimento no, dunque, ma Nunzia farà tanti piccoli passi in avanti, avrà per così dire, un maggiore avvicinamento alla figlia. Nunzia sarà più audace, si ritaglierà maggiori spazi di libertà.
Subordinazione della donna e diritto allo studio negato, problematiche tutt’altro che superate, ancora oggi, in molte zone d’Italia…
Assolutamente. Esistono tante realtà, sparse in diverse zone d’Italia, dove ragazze e ragazzi sono tagliati fuori dal diritto allo studio. C’è un’ingiustizia sociale di fondo, che solo le armi dello studio possono combattere. È un po’ quello che fanno le due protagoniste: Elena proprio attraverso la scuola e Lila con la rottura degli schemi rigidi che le sono imposti. Le due ragazze rappresentano due creatività differenti, ciascuna è per l’altra la sua amica geniale. La loro potenzialità inespressa diventa un pungolo, un oggetto di un invidia, ma nello stesso tempo un orizzonte del desiderio agli occhi dell’altra. Queste sono le sensazioni che ho avuto sin dall’inizio delle riprese.
I bambini attori ritraggono i bambini come gli adulti immaginano che dovrebbero essere. Al contrario, i bambini che non sono attori hanno qualche possibilità di uscire dallo stereotipo, specialmente se il regista è capace di trovare il giusto equilibrio tra realtà e finzione”, ha dichiarato Elena Ferrante in un’intervista esclusiva al New York Times. A suo avviso, questo vale anche per gli adulti? Com’è avvenuta la scelta del regista per gli altri personaggi?
Ci può essere un rapporto di coesistenza fra attori professionisti e non, a patto che ci sia poi un’armonizzazione. Non era semplice raggiungere il livello di intesa fra le parti che è stato raggiunto. Saverio Costanzo e tutti coloro che lavorano dietro le quinte, hanno aiutato a far emergere il talento anche in chi era alla sua prima esperienza. La selezione è stata molto complessa, sono state esaminate migliaia di persone, soprattutto per la scelta del ruolo delle bambine.
Lei era già destinata a vestire i panni della madre di Lila o è un ruolo che le è stato attribuito successivamente al casting?
Io sono stata scelta proprio per interpretare Nunzia Cerullo e il dialogo con la maestra, di cui abbiamo già parlato, è stata la scena principale del provino. Sono stata chiamata per la parte proprio a ridosso dell’inizio delle riprese. Ho avuto poi la possibilità di portare sul set anche una proposta di vestiario, quindi di adattamento del personaggio.
Lei ha lavorato molto in teatro, ma anche in televisione e nel cinema. Cosa prova adesso ad avere un ruolo chiave in una serie internazionale?
Negli ultimi anni ho lavorato molto con il teatro e ho girato tanto in tournée, non solo in Italia. Desideravo davvero prendere parte a un progetto con una lunga serialità, per fermarmi un po’, anche fisicamente. Avevo l’esigenza di sperimentarmi in un progetto più lungo e quindi quando si è concretizzata quest’opportunità, ho provato una gioia indescrivibile. Ho imparato tanto da questo percorso professionale e umano. Lavorare a un progetto internazionale così importante, mi ha concesso di mettere a frutto tutti gli anni studio e di recitazione teatrale. Da quest’anno, segnalo che ci sarà anche una novità: gli episodi n. 4 e n. 5 sono stati diretti infatti da Alice Rohrwacher. Saranno proprio gli episodi fondamentali per il mio personaggio.
Quando è avvenuto il suo primo approccio alla scrittura di Elena Ferrante? E come si vive sul set la presenza-assenza di questa grande autrice?
Qualche anno fa ho letto e apprezzo molto ‘l’Amore molesto’ (Edizioni e/o, 1992). Ma non avevo letto nient’altro della Ferrante. A ridosso del provino, mi sono cimentata nella lettura del primo libro della quadrilogia. Sul set, di fatto, Elena Ferrante è stata assente, però contemporaneamente presente perché c’è stato un costante dialogo con la regia e gli sceneggiatori. La scelta vincente infatti, secondo me, è stata proprio quella di affidarsi a una narrazione che già si prestava perfettamente alla riduzione cinematografica. Siamo stati, per quanto possibile, fedeli alla sua scrittura. Confermo però, che nessuno di noi conosce la sua vera identità.
La storia si svolge in un rione napoletano fra gli anni ’50 e ’60, dove a dominare sono povertà e ignoranza. Il futuro sembra essere recintato nei confini del quartiere, l’unica via di fuga appare soltanto quella della scuola e della cultura, non sempre accessibile a tutti. Lei che è di Napoli e vive la realtà di questa città, come crede che sia la percezione del futuro nei quartieri partenopei?
È una domanda molto complessa. Come tutte le metropoli, Napoli vive le sue difficoltà. Le vie di fuga non sono sempre dietro l’angolo. Occorre trovare strumenti adeguati per dialogare con tutti, utilizzare strategie di inclusione e di educazione. Diffondere la cultura nel senso più ampio del termine. Ci sono tantissimi ragazzi che vivono in contesti fragili, con tantissime potenzialità, che hanno bisogno soltanto di scorgere un’alternativa. Ho letto di recente una statistica che forniva dei dati su cui riflettere. Una donna su quattro sotto i trent’anni non studia e non lavora. La metà delle donne tra 25 e i 64 anni, con più di un figlio a carico, è costretta a non lavorare perché non sono previste misure sociali adeguate (come part-time o asili aziendali, ad esempio). A che tipo di autorealizzazione si può aspirare in questa situazione? Lo scenario è complesso, poco paritario, ancor di più in situazione di ingiustizia sociale. Io credo che sia necessaria una forte risposta sociale, mettere al centro prima di tutto le persone, i loro bisogni e i loro desideri; affidarsi all’arte e alla cultura per trovare il proprio posto nel mondo e allo stesso tempo affermare un nuovo modello anche nella famiglia.
Dove sarà possibile seguire Valentina Acca dopo “L’amica geniale”?
Sto lavorando per “I Bastardi di Pizzofalcone 3”, con la regia Monica Vullo, dove interpreto Clara, una donna borghese, abituata a fronteggiare le situazioni di petto con obiettività e razionalità. Quindi ho un ruolo diverso rispetto a quello di Nunzia Cerullo. Avrò anche un ruolo in Querido Fidel, regia di Viviana Calò, si tratta di un’opera prima a cui tengo particolarmente, una commedia dai toni surreali ambientata negli anni ’80. Qui interpreto Carmela, una parrucchiera a domicilio sempre un po’ su di tono, strampalata, simpatica, dal look eccessivo. Mi sono divertita moltissimo. Mentre a teatro sto preparando “Peggy Pickit guarda il volto di Dio” di Roland Schimmelpfennig, uno dei maggiori drammaturghi contemporanei di lingua tedesca. Interpreto Karen, una donna di circa 40 anni, medico, che ha trascorso gli ultimi sei anni a lavorare in un ospedale da campo, in condizioni molto difficili, nel terzo mondo. La prima dello spettacolo ci sarà quest’estate al Festival “Primavera dei Teatri”, regia di Marcello Cotugno.
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