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Arriva in Italia, grazie alla neonata casa editrice Criterion, il nuovo saggio Sulle malattie dei filosofi: Cioran di Marta Petreu, docente di Storia della filosofia romena presso l’Università Babeş-Bolyai di Cluj-Napoca, nonché una delle massime esperte di Emil Cioran a livello mondiale. Ai lettori del nostro paese, Petreu è già nota per essersi occupata di schiarire le ombre che offuscavano il passato scabroso di Cioran, scongiurando i pregiudizi che ostacolavano una corretta interpretazione della biografia e del pensiero del Privatdenker. In questa nuova pubblicazione, la studiosa si è concentrata sul rapporto scrittura-dolore, passando al setaccio tutti i malesseri del filosofo: «In queste pagine ho appunto individuato come la malattia abbia innescato la creatività di Cioran e in particolare ho ricostruito come il suo primo libro sia nato dalla malattia: proprio come, in un volo celeste, la coda della cometa si forma dal suo nucleo incandescente». Già Eminescu, non a caso, insegnava che un libro non è nient’altro che un male sconfitto, allo stesso modo di come Cioran parlava di un suo scritto come di un suicidio differito, aprendo così la questione della scrittura come terapia: «Ma non dimentichiamo che la filosofia è l’arte di mascherare i propri sentimenti e i propri supplizi interiori al fine di ingannare il mondo sulle vere radici del filosofare». Un effetto corroborante e vivificante prodotto dallo scrivere che non ha soltanto coinvolto il pensatore romeno in quanto autore, ma anche non pochi dei suoi lettori. Non solo perché, come sottolinea scherzosamente la studiosa nelle pagine finali, Cioran era solito dispensare consigli su cure e farmaci, ma soprattutto perché si registrano testimonianze di persone che hanno subito una vera e propria catarsi filosofica grazie alla lettura delle opere del pensatore romeno. Lo scrivere in generale – ma anche più specificamente lo scrivere sul suicidio – è stato dunque, sin dalla sua prima opera, un’alternativa alle farmacie, un metodo per placare le ossessioni e per allontanare il cafard (parola di difficile traduzione la cui etimologia rinvia a un tipo di scarafaggio nero, spesso resa in italiano con “umor nero”). Secondo Petreu, Cioran aveva intuito che i prodotti dello spirito, dall’arte fino alla religione, nascono tutti infatti da una terribile realtà organica. «Nei manicomi si dovrebbe fornire ciascun ospite di tonnellate di carta da riempire», egli suggerisce in un’intervista. Ad arricchire il testo, un’introduzione di Mattia Luigi Pozzi e una postfazione di Giovanni Rotiroti.

Marta Petreu, Sulle malattie dei filosofi: Cioran, Criterion, 174 p., 15 euro.

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