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AVELLINO – Si presenta domani pomeriggio, alle 16.30, al Circolo della stampa “La questione meridionale”, primo volume del progetto di un’Enciclopedia storica del Sud della penisola italica, lanciata da Imagenes. Interverranno il direttore del Quotidiano del Sud, Gianni Festa, tra gli autori del volume insieme ad Aldo Vella e Carlo Capezzuto. A confrontarsi con loro ci saranno Luigi Anzalone, Italo De Feo e Paolo Saggese. Pubblichiamo di seguito un estratto della prefazione di Pino Aprile.
La Questione meridionale nacque con l’invasione e il saccheggio del Sud, ma la compiacente divulgazione risorgimentale controllata dalla “Scuola di Stato” (tale era nel Regno di Sardegna e tale è ancor oggi è in Italia, mentre nel Regno delle Due Sicilie l’insegnamento era libero) ha fatto passare come dogma che le regioni del Sud fossero povere, arretrate e oppresse e molto indietro a quelle del Nord, che erano già “Europa”, mentre il Mezzogiorno era “Africa”, anzi “Affrica” dove c’erano i “cafoni”. Non è vero; e una quantità ormai impressionante di documenti, ricerche, dati, studi, dalla Banca d’Italia alla dirigenza del Fondo Monetario Internazionale, dall’università di Bruxelles al Consiglio nazionale delle ricerche smentiscono l’esistenza dello “spaventoso divario” che “nonostante” un secolo e mezzo di Unità non è stato colmato; ovviamente, perché i meridionali sono così trogloditi, coriacei, refrattari al bene per il quale pur si spende il virtuoso Nord, che riescono a “rimanere” indietro. E, a questo punto, si può solo ammettere che “è colpa loro”, perché “sono proprio fatti così”. Però, curiosamente, solo dall’Unità in poi: prima di quella erano fatti cosà. Si chiama razzismo e si nutre di falsi. Questo dell’esistenza del Grande Divario viene sostenuto ancora, con eroico sprezzo del ridicolo, assenza di vergogna e notevoli arrampicate sugli specchi, da intellettuali e docenti di regime, incluso truppe cammellate terroniche in cerca di sistemazione …. o male informati per colpa loro, se continuano a ignorare i dati che fanno a pezzi una affermazione non più sostenibile.
La Questione meridionale esisteva prima dell’Unità, ma nel Regno di Sardegna, non riferita a quello delle Due Sicilie. Nel 1724, i Savoia acquisirono la Sardegna a tavolino, per un trattato internazionale, e le riservarono le amorevoli cure del “Piano per la colonizzazione dell’isola”, con cui la spogliarono di tutto, riducendone gli abitanti alla fame, al carcere o al cimitero (inventarono il plotone di esecuzione itinerante, paese per paese: chi è che si lamenta? Pum pum). A quel punto, sorse un ciclo di studi economico- politici, per comprendere le ragioni del sottosviluppo sardo e come sanarlo…. Questa nuova dottrina prese il nome di Questione sarda. Per dirla in breve: con i soldi di tutti, i Savoia attrezzarono solo una parte del territorio dello Stato e arricchirono solo una parte della popolazione, riducendo l’altra, relegata al rango di colonia e in miseria.
Queste cose non sono “fenomeni”, non “accadono”: esistono, perché chi decide vuole che siano così.
Il benessere di alcuni a danno di altri è una scelta politica. Per usare le parole, chiarissime, di due dei maggiori studiosi di queste cose, Daron Acemoglu e James A. Robinson, autori di un grande libro, con una documentazione impressionante riguardo tutto il mondo e i vari periodi della storia, “Perché le nazioni falliscono”: «L’economia dualistica è un altro esempio di sottosviluppo creato, non di sottosviluppo emerso spontaneamente e durato secoli».
E il divario Nord-Sud costruito con l’Unità d’Italia è ormai il più duraturo al mondo. Quando i Savoia invasero il Regno delle Due Sicilie, senza manco dichiarare guerra, lo misero a ferro e fuoco e lo depredarono (giustificandone l’annessione con plebisciti talmente scandalosi, da disgustare gli inglesi che furono i veri decisori dell’unificazione italiana), replicarono “nelle nuove provincie che abbiamo appena conquistato”, come si legge in documenti agli atti del Parlamento, i metodi e la ferocia con cui era stata ridotta rasoterra la Sardegna. La Questione sarda divenne allora Questione meridionale, la quale inglobò e fece scomparire dalla storia quella sarda (così occultandone anche le cause), che riguardava una popolazione quindici volte più piccola delle Due Sicilie (…)
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