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AVELLINO – Si sono appena conclusi esami di stato che non dimentichero’ e che, mi auguro, restino unici e da non ripetere. Come docente del Convitto, diretto dalla Prof.ssa Brigliadoro, sono contento perché tutti i nostri ragazzi hanno sostenuto l’ esame in maniera ” dignitosa”.

In un certo senso il lockdown loro imposto li ha fatti maturare perche’, guidati a distanza con la DaD, si sono presentati al colloquio con una disinvoltura che ha piacevolmente sorpreso soprattutto per gli alunni più timidi. A me gli esami piacciono, perché servono a preparare gli alunni ai bilanci del sapere e della vita; essi sono l’occasione per condividere con i colleghi un’esperienza umana e professionale importante ma quest’ anno e’ stato comunque diverso! Ricordo soprattutto il primo giorno di insediamento in una commissione, ottimamente guidata dal Prof. Imbriale, in cui comunque mancava la consueta naturalezza anche solo nella preparazione e nello scambio di documenti ed informazioni. I giorni di esame, con la misura quotidiana della temperatura, mi facevano comunque sempre confidare nell’aiuto divino perché un solo decimo di temperatura in più, come è accaduto in diversi istituti di Italia avrebbe creato disagi e preoccupazioni. Ora vorrei solo che le attenzioni di tutti si concentrassero sul prossimo settembre perche’ i nostri ragazzi meritano la costanza dell’azione didattica che deve essere, salvo stati emergenziali, in presenza.

E’ arrivato il momento di vivere meglio la scuola, senza stravolgerla, liberandola, per buon senso, sia da burocrazia che da digitalizzazione eccessive. Le istituzioni educative formano persone per cui la relazione educativa deve essere il perno intorno al quale fare ruotare tutto il sistema. Vorrei soprattutto che ogni intervento ministeriale non sia rivolto ad un generico ” personale” ma che si salvaguardi l’ ” identita’ , intesa come peculiarità di ciascun membro della comunita’ scolastica.

Non mi piace l’ idea di annunci sulla scuola illustrati con i post per ricorrere a forme di giovanilismo che non sempre giovano. Resto fedele all’insegnamento del De Sanctis, primo ministro della pubblica istruzione che ebbe a cuore la capillarizazione dell’insegnamento con scuole in ogni comune, per cui non mi spaventa l’ idea di una scuola ” diffusa”, ove occorra, anche in cinema, teatri e biblioteche ma per rendere tutto ciò possibile bisogna ascoltare in primo luogo i docenti, che sono i primi a dover sapientemente rivendicare il loro ruolo di intellettuali, ai quali si dovrebbe lasciare anche il tempo di studiare i percorsi migliori per promuovere la ” forza allegra” dei loro alunni. I professori devono essere “animatori culturali”, capaci di trasferire saperi ed emozioni. Per fare tutto ciò non servono solo scatti di stipendio, doverosi ed auspicabili, ma bisogna fare in modo che il docente torni al suo ruolo di affidabile educatore che assuma quelle vesti gia’indicate da Quintiliano di genitore, pronto a correggere con senso dell’equilibrio, ad indicare la via, ad “educere naves ex portu”. Per recuperare una rotta, fatta sempre di orizzonti di senso, e’ necessario il coinvolgimento di tutta la “classis”, flotta di adulti educanti, pronti a raddrizzare il timone, coinvolgendo ogni giovane alunno marinaio perché sappia coordinare le sue energie con quelle degli altri.

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Rosa Curcio

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