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Sindaco Farina, che succede. Si candida o no alla Regione?
«Vorrei sgomberare prima il campo da una serie di dinamiche, veti, fastidi, voci, sulle mie scelte, che invece intendo fare in piena libertà».
E’ da tempo che si addensano queste nubi.
«Non è che Farina si debba candidare per forza. Diciamo che è un percorso legato al territorio, una naturale evoluzione. Non voglio disperdere la mia storia personale. Ma non vorrei che questo vociare che continua a uscire anche a mezzo stampa, su questi veti che riceverei, diretti o indiretti, possano far sì che non mi candido».
Dica allora come stanno le cose.
«Credo che la mia candidatura stia acquistando una valenza diversa».
Cioè?
«E’ la testimonianza di libertà in dinamiche politiche che stanno mettendo molto in discussione i processi democratici del nostro territorio. Il mio non chinare la testa vuole rappresentare anche il non chinare la testa di tante persone coerenti, che pensano alla partecipazione politica come valore aggiunto, che militano nei circoli, nelle sezioni, vuole rappresentare i giovani che vengono spesso menzionati ma con la recondita consapevolezza che non saranno mai protagonisti dei processi di crescita».
Quindi si candida, è ufficiale.
«La mia vuole essere anche una candidatura di libertà, dove non ci siano obbligatoriamente uno schema ben definito e partiti vittime di correnti, o di notabili che ti debbano dare il passe-partout per partecipare alle dinamiche sul territorio».
E’ diretto al suo partito?
«Quel che dico vuole acquisire un significato diverso anche rispetto al mio partito, un Pd che faccia dimenticare i posizionamenti che abbiamo visto alle provinciali, o al Comune di Avellino. I territori avrebbero bisogno non di diatribe per mantenere i posizionamenti, ma di misurarsi su cose vere.
Negli ultimi mesi oltre a sentire di tattiche, anche nel mio partito, non sento parlare di ambiente, di dispersione scolastica, di spopolamento».
Come se ne esce?
«Vorrei che si recuperasse quel confronto che si sta perdendo troppo proprio perché si inseguono le tattiche, e le pre-tattiche: chi si candida nel Pd, chi uscirà dal Pd, uscirà forse colui che torna dopo dieci anni di vacanza nel centrodestra, o quello che, non sono parole mie ma dette in giro, non è considerato coerente perché semmai su alcuni appuntamenti, Comune e Provincia, non ha seguito l’indicazione del partito. Alla fine penso che tutti questi rivoli di discussione stiano allontanando ancor più le persone.
La mattina non ci si sveglia per capire che cosa fare, ma per vedere che succede nel Pd, chi vince, chi torna dopo essere stato in altri posti, o chi ci è stato in momenti alterni…».
Vuole giocare a carte scoperte, a quanto pare.
«Non è possibile che un elettore di centrosinistra o del Pd debba essere o da una parte o dall’altra, e dove le parti hanno anche riferimenti che si giocano addirittura un’altra partita, spostata dopo, a chi prenderà le redini del Pd, tra quelli che ci sono sempre stati, quelli che sono stati a momenti alterni, o quelli che non ci sono stati e che adesso tornano.
Io non credo che faccia bene al territorio, alla provincia di Avellino, non fa bene al Pd. Non è possibile che nel 2020 bisogna andare ancora appresso ai tatticismi».
Vede alternative?
«Misurarsi sulle cose fatte, se sono state fatte, e sulle cose da fare. Non è bello che la disponibilità di una persona, coerente, che ha fatto rinunce importanti sul proprio nome, e che ha saputo superare la delusione personale, poi…»
Poi?
«Si può raccontare tutto ciò che si vuole, ma parliamo di un partito che dovrebbe avere degli organismi riconosciuti, e che mettono in campo candidature attraverso una procedura democratica. Parlo di un partito la cuidirezione provinciale ti indica candidato presidente della Provincia, all’unanimità, ma i ragionamenti dell’ultimora ti fanno saltare, e tu continui ad essere persona corretta e leale. Non si può vivere il paradosso per cui la partecipazione ad un partito è accettata fino a quando te lo consentono».
Che propone?
«Se ti muovi come attivista o come sindaco, e non ti muovi oltre il perimetro che ti hanno disegnato, va bene, e quindi devi essere amministratore di centrosinistra che deve risolvere i problemi, che si deve assumere le sue responsabilità, che deve misurarsi con le difficoltà sociali in prima linea, ma guai se pensi di uscire dal recinto del tuo paese perché semmai vuoi esportare o vuoi mettere a sistema esperienze che hai fatto nella tua comunità e che possono essere un contributo anche all’amministrazione più generale».
Questa è sempre severa analisi. Che propone?
«Credo si dovrebbe tornare a quello che si faceva una volta, il confronto nei paesi, nelle sezioni, dove chi ha un progetto in testa può enunciarlo. Non è accettabile che sindaci, amministratori, debbano essere presi all’amo nei momenti elettorali e però non possano esprimere la loro militanza e le loro idee. Ci sono modi e modi di amministrare, tra l’ordinario e lo straordinario, mettendo in campo progetti che sono il segno di aver percepito il reale problema.
I partiti ne dovrebbero fare tesoro, invece si fa troppa tattica, e di troppa tattica si muore, perché si fanno gli accordi, le accoppiate…».
Ogni parola è un riferimento, un nome. Ne ha detti tanti, fino ad ora.
«Guardi, De Luca è una figura autorevole, un uomo forte al comando, che ha dimostrato nella straordinarietà di avere il polso della situazione, ritengo che la sua figura vada ancora più esaltata se si riesce nei territori ad avere riferimenti che possano filtrare le diversità delle province, perché la forza di De Luca possa avere un quadro così chiaro da poter operare nella maniera migliore».
Indichi una priorità.
«Non credo di avere una ricetta in tasca, ma penso che l’approccio giusto ad interpretare un ruolo è caricarsi sulle spalle la bandierina del territorio, spiegare al candidato governatore i problemi del territorio, e spiegare come, nel rispetto degli altri, si voglia rappresentare al meglio la propria terra. Sbaglia chi pensa che nei momenti di difficoltà bisogna ammainare la vela.
Ritengo che questo sia un momento cruciale, e non lo si può approcciare esaltando se stessi escludendo gli altri, piuttosto bisogna includere».
E’ un messaggio di distensione?
«Dico che di tattica si muore, serve il confronto su fatti concreti. Ma perché dividerci? Perché impiegare il tempo ad abbattere avversari dello stesso schieramento? Si potrebbe dialogare, sapendo che non tutti arriveremo al traguardo, ma la proposta formuliamola insieme».
Insieme a chi?
«Il sindaco di un piccolo partito, un autorevole esponente di partito, un rappresentante istituzionale della regione, tutti, con umiltà, confrontiamoci su cosa fare, lasciamo stare la paternità di chi poi ne sarà interprete.
La mia vuole essere partecipazione, e interlocuzione con chi taglierà il traguardo, per includere idee, esperienze anche da sindaco di un piccolo paese che semmai ha pensato anche cose buone».
Che vede davanti a sé?
«Mi auguro di poter dare una mano per sostenere la corsa del presidente De Luca e per una politica di centrosinistra. Ma, e non è colpa mia, non mi sembra che nel Pd ci sia stata una tale evoluzione da consentire un ricambio. Vediamo invece un partito alle prese con un’abbondanza di numeri perché da un lato c’è chi rivendica la continuazione di rappresentanza e dall’altro chi vorrebbe, avendo aderito al partito, essere lui il rappresentante. Questa condizione molto confusa non riesce a mettere i territori in condizione di dare una mano a De Luca e al progetto di centrosinistra».
Ma lei non si fermerà?
«Non credo che nel Pd ci sia possibilità, ma vorrei essere presente in una delle liste di De Luca. Mi auguro che non si mettano in campo azioni tali da costringermi, per amore della verità, e della mia provincia, ma anche per rappresentare una condizione che le nuove generazioni non dovrebbero subire, a fare cose altre, che non sarebbero nella mia responsabilità personale».
E cioè?
«Magari candidarmi in un’ altra lista».
Cioè?
«Ce ne sono tante, ho molte proposte di candidature…».
Quali?
«Faccia lei, si fa presto a capire quelle che restano».
E l’associazione Dialogo 2020 con te?
«L’associazione ha manifestato la volontà di sostenere la mia candidatura, e visto che nel Pd ci sono queste dinamiche…».
Ma lei resta nel Pd?
“Sono del Pd, finché non mi cacciano…».
Dica quello che non ha detto.
«Ridico quello che ho detto, e cioé che Farina è la persona più leale e più corretta possibile, persona di centrosinistra che sceglie De Luca, nella sua capacità di governare e di essere pragmatico. Ma se qualcuno pensa che fino adesso Farina ha aperto un confronto solo per candidarsi e non per trovare convergenza, si sbaglia. La coerenza mi consiglia di candidarmi in una delle due liste di De Luca. Se vedrò che ci saranno azioni che intendono impedirlo, a quel punto la candidatura diventa di principio, di libertà per i giovani, di esempio per le nuove generazioni. In ogni caso, sono qui a partecipare, fino al punto in cui ti faranno partecipare, ma sempre per dare sostegno ad un presidente che stimo e al progetto di centrosinistra in cui credo».
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