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C’è un Paese reale e un Paese virtuale. Il primo è quello della pandemia di Coronavirus, con i contagi, i morti, le vaccinazioni a rilento, la grave crisi economica e occupazionale, le fabbriche che chiudono, il commercio che boccheggia. Paura e solitudine che attraversano lo stivale.
E tanto altro ancora che non trova adeguate risposte per responsabilità di una classe dirigente che più che fare, litiga.
Il Paese virtuale, infatti, è quello delle narrazioni in un Parlamento dove per due giorni lo scontro ha scandito il tempo nella ricerca di una maggioranza possibile.
Alla fine di una giornata vissuta ad alta tensione Giuseppe Conte ce la fa. Per pochi voti il premier resta in sella.
Ancora una volta i trasformisti, i voltagabbana, i traditori del consenso ottenuto dagli elettori fanno la differenza. Si consuma così una pagina triste per la nostra democrazia, per le sue Istituzioni. Una crisi anomala, forse inutile, in ogni caso che non risolve i problemi.
Una crisi aperta dalla contestazione di Matteo Renzi nei confronti del governo Conte non spiegata, né compresa dagli stessi addetti ai lavori, soprattutto dalla comunità nazionale.
Una crisi che Renzi ha tentato di giustificare in uno scontro duro con Conte al quale ha rimproverato, tra l’altro, di essersi arroccato in una posizione difensiva per mantenere il potere, evitando il confronto sui contenuti.
In realtà ora si apre una fase ancora più difficile della crisi stessa. Conte può contare su una maggioranza risicata che non garantisce stabilità. Il “mercato” in Parlamento non si è affatto esaurito, giacché il premier è costretto a compromessi ogni qualvolta ci sono provvedimenti da adottare. E’ evidente che il primo obiettivo di Conte sarà quello di allargare la maggioranza.
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