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Osservo il segno del tempo e rimango sospeso tra stordimento e meraviglia. Penso, ad esempio, a quel che sta accadendo in vista del prossimo voto del referendum per le proposte di modifica della Costituzione. Sono giorni e giorni che seguo, con grande interesse il dibattito preelettorale. Il suo limite è che poco si discute del merito e tanto, ma proprio tanto, delle vicende politiche che contrappongono le parti in campo. Per cui immagino che il risultato del 4 Dicembre prossimo, al di là dei sondaggi, sia da configurare più come una scommessa, che il frutto di una approfondita riflessione. Ciò che sconcerta, ed è per me un’assoluta novità, è il linguaggio usato per sostenere le proprie ragioni. Esso rasenta quella trivialità che è propria dei bassifondi portuali. Si va da insulti come “scrofa” a “mezze pippe” o ancora a tentativi di corruzione elettorale con “fritture di pesce” da distribuire agli elettori o a “capitoni e fritture di alici”, pietanze su cui un’Istituzione come la Commissione antimafia dovrebbe indagare. Un linguaggio insopportabile. Che fa rimpiangere anche espressioni come “il tiro al piccione” di andreottiana memoria. In realtà tutto questo, e altro ancora, corrisponde non solo ad una profonda crisi dei valori, ma, soprattutto, della politica e della sua classe dirigente. Non c’è più sintonia tra il popolo e la rappresentanza parlamentare che dovrebbe agire nel nome del bene comune. Prevale l’opportunismo sull’onestà del pensiero e tutto è organizzato nel segno del potere per il potere. Non ci si accorge che di questo passo la stessa democrazia del Paese rischia di naufragare. Per fare spazio ad un populismo il cui vento soffia forte e impetuoso. Questo è il vero segno dei tempi. Ci sono ancora pochi giorni per recuperare, per dare un senso ad un voto importante.
Gianni Festa
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