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Ci lascia un anno in chiaroscuro. Di passaggio. Di attese, come gli altri che lo hanno preceduto. L’Irpinia si è ulteriormente impoverita. Spopolamento dei Comuni e fuga dei cervelli sono state le grandi emergenze che non hanno trovato risposte. Duemila persone sono andate via in un solo anno. La crisi ha divorato centinaia di posti di lavoro, mentre le ipotesi di sviluppo delle zone interne sono naufragate per effetto di una burocrazia sonnolenta e farraginosa. Mezzo secolo dopo si è riavviato il cantiere della Lioni-Grottaminarda, e forse solo nel 2023 l’Alta velocità, salvo ulteriori ritardi, vedrà la luce. Molti Comuni boccheggiano per mancanza di risorse e il dissesto finanziario bussa costantemente alle porte. Il capoluogo ha svelato crimini orrendi: la presenza dei clan camorristici che hanno tenuto sotto scacco il piccolo commercio e le famiglie in difficoltà. Pizzo, usura, malaffare nelle aste hanno scandito ore terribili nella città dai tanti cantieri mai conclusi. Pessimismo? No, realtà. Rispetto alla quale occorre reagire. Con un più fecondo dialogo con le Istituzioni, affidando al merito e alle competenze l’alba nuova della provincia che sarà. E’ dura la salita, ma non impossibile. Si tratta di attivare le migliori energie che si sono ritratte nel privato e impegnarle nella costruzione di un nuovo modello di rinascita. Pensiero, confronto, dialogo, conoscenza sono gli strumenti del nostro futuro. Con questi intendimenti auguro ai lettori, alle loro famiglie, un tranquillo 2020.
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