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Napoli – Un nuovo modello di agricoltura che sposi appieno la sostenibilità ecologica; un’agricoltura che possa finalmente diventare non solo l’asse portante dell’economia made in Campania, ma un settore strategico anche dal punto di vista ambientale a cominciare dalle sfide imposte dalla crisi climatica.
È la sfida che Legambiente Campania ha lanciato oggi con il primo forum regionale sull’agroecologia circolare, dove ha chiamato a raccolta le esperienze più avanzate della regione Campania per proporre una nuova alleanza che possa condurre, oltre alla riduzione dell’utilizzo della chimica attraverso il ricorso a buone pratiche agronomiche, ad un impegno concreto per un Green new deal anche in questo settore.
“La visione agroecologica – commenta nella nota Legambiente – sottesa al Green Deal europeo ci chiede di andare oltre la produzione, allargando lo sguardo a tutta la filiera, includendo il consumatore. In questa chiave vanno letti non solo gli obiettivi della strategia europea ‘Farm to Fork’ (riduzione di apporti di fertilizzanti, di pesticidi e di farmaci veterinari), ma anche la sua visione che punta a un sistema europeo del cibo che metta al centro la salute dei cittadini e la salvaguardia degli ecosistemi, pianificando una profonda ristrutturazione della filiera agroalimentare”.
In Campania la superficie agricola totale (Sat) è pari, segnala ancora la nota, a circa 720mila ettari mentre la superficie agricola utilizzata (Sau) si attesta su 547mila ettari (75% della Sat). La maggior parte della superficie agricola utilizzata (34%) ricade nella provincia di Salerno; il restante 66% è così suddiviso: il 22% ricade nella provincia di Avellino, il 20% nella provincia di Caserta, il 20% nella provincia di Benevento e solo il 4% nella provincia di Napoli (fonte Crea – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria). Sono oltre 69mila gli ettari coltivati a biologico più di 6mila operatori coinvolti. Un settore, quello dell’agricoltura, che ha visto nell’ultimo bilancio finanziario delle Regione Campania per l’anno 2019 una diminuzione consistente delle risorse pari -10,2%.
“La lotta ai cambiamenti climatici – ha dichiarato Valerio Calabrese, responsabile Agricoltura di Legambiente Campania – passa anche per un sistema alimentare come quello della Dieta Mediterranea che può contribuire alla riduzione degli impatti climalteranti, alla valorizzazione dei prodotti di filiera corta, allo sviluppo dell’agricoltura biologica e alla qualificazione di tutte le filiere agroalimentari in chiave ambientalmente e socialmente sostenibile. L’obiettivo è quello di diminuire i carichi emissivi, liberare l’agricoltura da un’eccessiva dipendenza dall’industria chimica, riducendo il fabbisogno idrico ed energetico e, nel contempo, favorire la tutela della biodiversità e della salute dei cittadini”.
Oggi l’agricoltura intensiva, l’eccessivo utilizzo della chimica e la corsa alle rese piuttosto che alla qualità, oltre a contribuire in maniera rilevante alla crisi climatica, sono causa della perdita di biodiversità e della presenza, in particolare nelle acque, di sostanze dannose per gli esseri umani. Legambiente specifica nella nota che in Italia in soli 7 anni, tra il 2012 e il 2019, la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva, stimata dall’Ispra insieme al Cra, raggiunge i 3.700.000 quintali; nel dettaglio 2 milioni e mezzo di quintali di prodotti da seminativi, seguiti dalle foraggere (-710.000 quintali), dai frutteti (-266mila), dai vigneti (-200mila) e dagli oliveti (-90mila). Il danno economico stimato è di quasi 7 miliardi di euro, che salirebbe a 7 miliardi e 800 milioni se tutte le aree agricole fossero coltivate ad agricoltura biologica. In Campania nel periodo 2012 – 2019 i maggiori danni si sono segnalati nella categoria della foraggere con un perdita di circa 66mila quintali e nello stesso periodo si sono persi frutteti in grado di produrre potenzialmente quasi 30mila quintali.
“L’agricoltura – commenta Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – deve divenire un settore strategico per la transizione ecologica per rispondere alle sfide imposte dalla crisi climatica. Puntando sull’innovazione, scoraggiando anche economicamente pratiche agricole e zootecniche intensive e a elevato impatto ambientale. In tal senso, occorre indirizzare le risorse europee verso l’agroecologia, favorendo il metodo di produzione biologica come apripista del modello agricolo nazionale, con l’obiettivo di giungere al 40% di superficie coltivata a biologico entro il 2030, e qualificando in modo ambizioso sotto il punto di vista ambientale anche l’agricoltura integrata. Occorre favorire la diffusione della produzione di biometano per il trattamento di scarti agricoli e deiezioni animali per allevamenti sostenibili, il fotovoltaico che non consuma suolo attraverso l’agrivoltaico, l’agricoltura di precisione che consentono di non sprecare risorse importanti come l’acqua, la tracciabilità delle materie prime e dei prodotti trasformati. La sostenibilità sociale – conclude la presidente regionale di Legambiente – impone di combattere con rigore la lotta al caporalato e alle diverse forme di sfruttamento umano che si sono insediate nei nostri territori in questi anni, all’uso illegale dei fitofarmaci e la diffusione di buone pratiche di riutilizzo sociale dei terreni confiscati alle mafie”.
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