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AVELLINO – Plasma iperimmune usato anche al Moscati di Avellino. Un primo trattamento anche alla Città Ospedaliera, dove alla Palazzina Covid è stato applicato questa nuova metodologia al centro del dibattito nazionale ad un paziente ricoverato in Terapia Intensiva.
Per lui ieri l’ultima delle tre dosi previste nell’ambito di questa nuova azione di contrasto alle polmoniti Covid. Un lavoro che è stato curato dall’equipe del Direttore dell’Unità di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale della Città Ospedaliera Silvestro Volpe e da Nicola Acone uno dei massimi esperti di Malattie Infettive in Irpinia, per quaranta anni in prima linea proprio al Moscati, tornato in campo in questi mesi anche per combattere il Covid, prima nell’ambito del lavoro che è stato eseguito nei giorni scorsi per i test rapidi da parte del Comune di Avellino e ora in questa nuova iniziativa attivata al Moscati e proprio il professore Nicola Acone ha spiegato quella che è stata la procedura utilizzata per il trattamento dei pazienti.
«Hanno prelevato il siero , attraverso una plasmaferesi, a pazienti che avevano contratto il virus. E praticamente con questa operazione si separa la parte corpuscolata del sangue da quella liquida. Gli anticorpi sono contenuti proprio all’interno della parte liquida. La parte corpuscolata resta al donatore, quella liquida invece con la plasmaferesi viene separata. Vengono eseguiti tamponi affinché ci si accerti che il soggetto è negativo per il Covid, ma contestualmente si accerta che sia negativo anche per altri virus, penso ad esempio a quelli di Epatite C o Hiv, quelli cioè che si fanno normalmente per le trasfusioni e poi si procede al trattamento via endovena. Se ne somministrano 200cc alla volta, in genere si procede per due o tre volte. Si iniettano gli anticorpi per donatore. Anche perché si sono formati anticorpi antiCovid. È quello che stanno facendo a Mantova e Pavia, abbiamo ritenuto di farlo anche ad Avellino».
Ora bisognerà attendere gli effetti e anche lo studio di un protocollo più stringente. Si tratta comunque di una sperimentazione che potrebbe anche essere estesa ad altri pazienti nelle stesse condizioni.
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