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AVELLINO – No alla riapertura di alcune fabbriche tra cui l’Ema. Il segretario provinciale della Cgil, Franco Fiordellisi, esprime il suo dissenso in una lettera aperta. Molti lavoratori di diverse aziende Irpine, oggi torneranno a produrre richiamati al lavoro dagli imprenditori che hanno avanzato la richiesta di deroga alle Prefettura. A questa notizia, una triste notizia per il sindacato, si contrappone l’informativa dell’altro giorno diffusa dal governatore della Campania Vincenzo De Luca che, sentenziando sull’uscita dall’emergenza, continua a obbligare la popolazione a restare chiusi in casa: l’ultimo consiglio per passare il tempo che arriva dal governatore è quello di imparare fare anche la pastiera, come è noto un dolce molto difficile una cosa, insomma, da pasticcieri. Due eventi tanto discordanti così da determinare sconcerto e confusione tra i cittadini e i lavoratori. L’atteggiamento delle imprese che fanno finta di niente. (…) Ciò che temiamo è che: decisioni avventate degli imprenditori mettano a rischio la salute delle persone, che deve venire prima di qualsiasi profitto; possa allargarsi l’epidemia in una provincia dove le strutture sanitarie non sono assolutamente attrezzata a reggere un’ulteriore allargamento dei contagiati. Queste eventuali, sciagurate ipotesi, se si dovessero verificare renderebbero impossibile uscire a breve dalla crisi economica e anche sociale. Aspettiamo dunque che sia un confronto serio prima di avventurarsi in aperture o a pronunciarsi con deroghe senza aver fatto verificare, a soggetti terzi, la tenuta reale di tutte le sicurezze e azioni preventive atte a contenere il contagio da Covid-19. Sulla questione interviene anche il segretario generale della Uil, Luigi Simeone. “A quattro settimane dal blocco delle attività, guardando i tanti in prima linea nei servizi, nella Sanità, nel commercio e delle attivata di sicurezza, che ci consentono di continuare ad avere una prospettiva mettendo a rischio la propria vita esposti e talvolta disarmati come sono, siamo se possibile nella fase più delicata, per difficoltà diverse ma ugualmente insostenibili per tutti, che però sembrano non essere valutate oggettivamente e diverse come sono da quelle che abbiamo conosciute, con il rischio di vanificare anche ciò che fino ad ora è stato fatto. Difficoltà diffuse e diverse, – osserva Simeone – sia per la mancanza di reddito che riguarda quelli che un lavoro lo avevano e che non possono lavorare, per quelli che un lavoro lo avevano e non regolare ma che comunque avevano un reddito e che sono praticamente invisibili, come sempre, poi c’è il mondo di chi coperto dalle misure d’un sostegno al reddito farebbe a meno di riprendere le attività sospese, ma che sulla base di non si capisce quali emergenze e determinazioni di attività ‘essenziali’ vengono chiamati a riprendere le attività con il rischio di essere potenzialmente nocivi per se stessi e per il resto della comunità lavorativa e familiare. In questi giorni difficili, abbiamo provato anche in sede di confronto in Prefetture a far capire che non siamo contro la ripresa delle attività, ma vorremmo che il faro fosse la ineludibile ripresa a favore del bene comune, che in questo istante storico, non è il reddito di impresa, ne il mercato che non aspetta, e nemmeno la piena retribuzione, bensì la sicurezza per se stessi e per gli altri. In un momento di sospensione anche delle libertà individuali, se non si è indispensabili per fornire servizi ed attività di pubblico interesse, non è corretto e forse nemmeno onesto provare a far passare il messaggio ‘se non si riparte sono a rischio posti di lavoro’. L’intervento dello stato non potrà essere a tempo, il capitale da solo non giustifica l’inserimento del profitto in ogni settore ed attività, a tutti gli Italiani oggi più che mai interessano una Sanità pubblica, trasporti pubblici efficienti, una welfare vero universale e ogni iniziativa imprenditoriale deve fare necessariamente i conti, con il trasformato mondo che non può sottostare alle logiche che ci hanno consegnato un Paese diviso, diverso e debole”.
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