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ATRIPALDA (AV) – Pressioni sui lavoratori, senza risparmiare quelle che sono state definite anche espressioni intimidatorie lasciandogli intendere che avrebbero perso il proprio posto di lavoro in caso di mancata sottoscrizione della conciliazione.
È questa una delle accuse contestate dalla Procura di Avellino ad undici indagati nell’ambito dell’inchiesta dei Carabinieri del Nucleo Investigativo dell’Arma sulla modalità usata dai legali rappresentanti della Antonio Capaldo e della Natana doc di raccogliere la firma di ottantaquattro lavoratori dei verbali di conciliazione sindacali ottenendo un profitto di quasi due milioni di euro che sarebbe l’equivalente delle differenze retributive derivanti dall’aver corrisposto ai dipendenti somme inferiori a quelle previste nei contratti da parte di Natana e per Capaldo quella di aver risparmiato oneri previdenziali.
Avvisi di conclusione delle indagini preliminari firmati dai magistrati che hanno coordinato le indagini dei militari agli ordini del capitano Quintino Russo, i pm Cecilia De Angelis e Luigi Iglio. Le contestazioni sono quelle di estorsione per i verbali sottoscritti dagli 84 dipendenti e tentata estorsione per altri casi in cui non c’era stata la firma.
GLI INDAGATI
Indagati per estorsione G. A., patron della ditta appaltatrice, Gerardo Capaldo, legale rappresentante della Antonio Capaldo Spa, committente dell’appalto tra la Natana e altre cinque imprese subappaltatrici, Magliacano Alfonso, Cunzo Vincenzo e Barbarisi Raffaele, autori materiali delle condotte ritenute minatorie, Giovanni Giudice quale conciliatore designato dalla Cisal terziario, Pietro Volpe, Ricciardi Gabriella, Giannattasio Giuseppe e Mogavero Carmine, che erano referenti della parte datoriale indicata nei verbali di conciliazione.
Una parte di loro risponde anche di tentata estorsione per altri undici casi, per cui si aggiunge come indagato il nome di Fortunato Trezza, in questo caso però la reazione degli operai non aveva permesso di giungere alla firma dei verbali di conciliazione. Tutti gli operai sono stati ascoltati a sommarie informazioni dai Carabinieri del Nucleo Investigativo. E hanno raccontato di quello che gli sarebbe stato detto per «convincerli» da parte di Gerardo Capaldo e degli altri indagati che hanno avuto un ruolo nella vicenda.
«Ti aspettavo da un po’, perché non firmi la conciliazione sindacale, firma, i tempi sono bui e dobbiamo fare scelte sul personale, se non firmi perdi filippo e il panaro».
Così Capaldo avrebbe invitato a firmare un lavoratore. In un altro caso, invece, dopo avergli dato del «birbantesco» lo avrebbe invitato a firmare per togliersi di mezzo dai bordelli, visto che c’erano i controlli da parte dell’Ispettorato. Ma riferimenti ai fatti che gli operai avevano figli erano stati fatti anche dagli altri indagati. Ora avranno venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o presentare memorie difensive. Poi si attenderà la decisione della Procura sull’eventuale rinvio a giudizio.
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