3 minuti per la lettura
«Papà mi fa male..». Sono parole che fanno accapponare la pelle e raccontano di una storia, l’ennesima, di violenze subite all’interno delle mura domestiche da una minorenne, in questo caso una tredicenne. Una bruttissima vicenda, come tutte quelle di abusi e atti sessuali, che in questo caso è aggravata dal fatto che a compierle nel corso degli anni sarebbe stato suo padre.
L’ultima in ordine di tempo sarebbe avvenuta solo il 17 marzo scorso, quando proprio dagli esami merdici cui la bambina, appena adolescente era stata sottoposta, sono emersi tutti gli elementi per far propendere verso una violenza sessuale subita dalla stessa. Ieri mattina i Carabinieri della Compagnia di Avellino hanno eseguito nei confronti dell’uomo, un sessantaseienne di un comune dell’hinterland avellinese (che non citeremo per tutelare la vittima degli atti sessuali ndr) , una misura cautelare in carcere con la gravissima accusa di violenza sessuale aggravata su minore, la misura chiesta dalla Procura della Repubblica di Avellino e firmata dal Gip del Tribunale di Avellino Francesca Spella, che pone fine ai presunti abusi che la tredicenne è stata costretta a subire fino a quando non è stata trasferita su disposizione del Tribunale per i Minorenni di Napoli in una struttura protetta.
LE INDAGINI
Gli accertamenti da parte della Procura della Repubblica di Avellino e dei militari della Compagnia dei Carabinieri sono scattati nell’ottobre del 2019, quando a seguito di una segnalazione anonima ai Servizi Sociali era stata denunciata la presunta consumazione di atti sessuali ai danni della minorenne all’interno dello stesso nucleo familiare. E così erano partite le indagini da parte dei Carabinieri. Ascoltate numerose testimonianze, sia degli assistenti sociali, che erano più volte intervenuti poer episodi che avevano visto la bambina protagonista, ma anche di una sua insegnante, che aveva riferito di una conoscenza non compatibile con la sua età di fatti legati alla sfera sessuale da parte della ragazza. Infine l’episodio accertato a marzo scorso, quando in sede di esecuzione dell’affidamento della bambina ad una struttura di assistenza e cura, erano emerse a livello clinico tracce che potevano riferirsi ad una violenza sessuale.
Ai gravi indizi raccolti, la Procura ha aggiunto anche le stesse dichiarazioni raccolte nell’ambito dell’incidente probatorio chiesto ed ottenuto dal magistrato inquirente nell’ottobre scorso. In quella sede infatti la ragazza aveva raccontato esplicitamente, con la consulenza di una psicologa ausiliaria del pm, quanto subito dal suo familiare. Un racconto ritenuto attendibile dalla consulente, che ha di fatto chiuso il cerchio sulle attività di indagine nate un anno prima.
Per questo motivo il magistrato ha ritenuto che l’unica misura applicabile potesse essere quella della custodia in carcere, stigmatizzando «il brutale istinto sessuale» del sessantaquattrenne, che non avrebbe esitato a violentare la figlia,senza temere anche la presenza degli altri familiari in casa e cosa più grave, nonostante la ragazza avesse manifestato anche segni di malessere per quanto subito da parte dello stesso. Una vicenda bruttissima, quella su cui nelle prossime ore sarà lo stesso sessantaquattrenne a poter chiarire davanti al Gip del Tribunale di Avellino la sua posizione e la eventuale difesa rispetto alle gravissime accuse contestate. Questa mattina per lui ci sarà l’interrogatorio di garanzia in carcere.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA