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QUINDICI – “In quella terra ti atterro…” . Quel terreno non doveva andare ad altri, neppure ai suoi stessi familiari e così che Giuseppe Pacia, alias o ferrar, classe 58 di Taurano, aveva minacciato un imprenditore del nolano che gestiva per conto dei suoi zii una decina di ettari di terreno in località Pennino sui monti di Quindici e che erano stati dati in fitto con un regolare contratto ad una familiare dell’esponente del clan Cava, condannato a sette anni di reclusione nell’ambito del maxiprocesso alla famiglia quindicese e da alcuni anni sottoposto alla sorveglianza speciale di ps a Visciano. E’ il 18 luglio del 2017 quando l’imprenditore si trova di fronte al “boss” del clan Cava all’interno del salone di una villetta di Visciano dove era stato attirato con una trappola.
E proprio a Visciano (oltre ai comuni di Pago Vallo Lauro, Moschiano, Marigliano) dove ieri mattina all’alba hanno bussato i militari della Compagnia di Baiano che hanno notificato una misura cautelare chiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e firmata dal Gip Gianluigi Visco per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Sei in tutto le misure cautelari, sette gli indagati, tra le ipotesi di reato c’è anche il sequestro di persona aggravato dal metodo mafioso. Il blitz dei Carabinieri della Compagnia di Baiano è scattato all’alba di ieri. Nell’operazione, a cui hanno preso parte oltre 50 militari, unità cinofile del Nucleo Carabinieri di Sarno ed un velivolo A109 Nexus del Nucleo Elicotteri Carabinieri di Pontecagnano , sono state inoltre eseguite numerose perquisizioni domiciliari e locali. LE INDAGINI Le attività di indagine dei militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Baiano hanno preso il via proprio dalla denuncia della vittima, che il 23 ottobre 2017 si era presentato dai Carabinieri per porre fine alle minacce di Pacia nei suoi confronti.
E aveva raccontato dell’ultimatum impostogli dall’esponente del clan Cava proprio quando era stato attirato in trappola e portato al cospetto del sessantaduenne.
LA TRAPPOLA L’imprenditore viene attirato in trappola nel pomeriggio del 18 luglio 2017, quando incontratosi in un bar con uno degli indagati finito ai domiciliari, Gaetano Varchetta, anche lui in rapporti commerciali per lavori edili nella zona nolana, viene invitato a fare compagnia a Varchetta per andare a discutere di alcuni affari immobiliari a Visciano. Nulla che potesse far pensare alla vittima, che da lì a qualche minuto si sarebbe trovato in una vera e propria morsa. Una volta giunti a Visciano vengono incrociati da Pasquale Isernia, anche lui è noto all’impenditore per alcuni lavori di idraulica realizzati su cantieri dello stesso. Ed è Isernia a riferire a Varchetta che li attendeva Peppe Pacia. La vittima avrebbe raccontato ai Carabinieri che in un primo momento temeva solo un controllo di polizia, visto che conosceva bene i trascorsi giudiziari del Pacia. Una volta giunto nell’abitazione di Visciano dell’altro indagato finiti insieme a Varchetta e Isernia ai domiciliari, il quarantatreenne Vincenzo Rufino, in un grande salone ad attenderlo seduto al tavolo insieme ad un giovane geometra di Pago Vallo Lauro, Michele Castaldo, c’è Pacia. Ed i toni sono subito poco concilianti. Il sessantaduenne gli fa capire che la situazione per lui non è buona e arriva subito al dunque, mentre gli altri tre siedono su un divano e al tavolo resta solo insieme al geometra.
“La terra è mia..togli il contratto e basta” intima Pacia all’imprenditore. E gli addebita tutta la colpa dellla situazione che si era creata, visto che il terreno era stato dato in fitto ad una nipote. quando questo gli risponde che ormai il contratto è stato siglato e non può fare più nulla, Pacia diventa una furia. Prima lo colpisce al volto con un pugno, l’imprenditore non può accennare reazioni, visto che poi gli altri presenti lo bloccano e Salvatore, fratello di Pacia ed incensurato, che si trova anche lui nella villa per partecipare all’incontro, cerca anche di calmare suo fratello ma il sessantaduenne colpisce con due schiaffi e calci negli stinchi la vittima. L’imprenditore teme che da quella villa, dove intanto gli altri avevano bloccato l’uscita, non sarebbe uscito vivo. Ma Pacia aveva ordinato all’imprenditore di preparare una vendita ed un documento dei suoi zii che attestasse che il terreno era suo. Nella stessa occasione, all’im – prenditore era stato intinmato anche di saldare un debito con un muratore di Visciano, per una somma di circa venticinquemila euro.
Secondo la vittima sproporzionata rispetto al reale importo che doveva alla persona per cui Pacia si era speso. E proprio su questo secondo aspetto che, nonostante il suo stato di incensuratezza, il Gip ha ritenuto di applicare la misura cautelare in carcere a Michele Castaldo di Pago Vallo Lauro. Sarebbe stato lui, con una serie di messaggi nel settembre del 2017, ad incalzare la vittima affinchè saldasse la somma dei venticinquemila euro. All’imprenditore era stato anche dato un ultimatum da parte di Pacia. Avrebbe dovuto saldare il suo debito e risolvere la questione del terreno entro il 30 ottobre del 2017. Ma una settimana prima invece aveva deciso di sporgere denuncia e c’è stato questo sviluppo investigativo. Nelle prossime ore gli indagati dovranno comparire davanti al Gip per l’interrogatorio di garanzia.
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