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Udienza movimentata al processo in corso ad Avellino per la tragedia del bus precipitato il 28 luglio del 2013 dal viadotto Acqualonga dell’A16 Napoli-Canosa e che costò la vita a 40 persone. A fine udienza, i familiari delle vittime hanno inveito contro Gennaro Lametta, titolare dell’agenzia di viaggio e proprietario del bus alla cui guida c’era il fratello Ciro, deceduto nell’incidente. “Devi marcire in carcere, assassino”, gli hanno gridato mentre si allontanava accompagnato dal suo avvocato, Sergio Pisani. Ai cronisti, il titolare della Mondo Travel che aveva proposto la gita di alcuni giorni a Pietrelcina e Telese Terme, ha detto di considerarsi “la 41esima vittima di quella tragedia e oggi la mia vita non ha più alcuna motivazione”. Nella sua deposizione Gennaro Lametta ha sostenuto con forza che il bus “non era una carretta”. “Era efficiente e costantemente interessato da interventi di manutenzione. Non avrei mai fatto partire mio fratello e 40 amici – ha detto – se così non fosse stato”.
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