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NAPOLI – Raccolta differenziata: il capoluogo irpino svetta nella speciale classifica “Comuni Ricicloni Campania 2019” presentata da Legambiente nella mattinata di ieri a Napoli.
Nella speciale graduatoria, infatti, Avellino con il 71% di raccolta differenziata, supera Benevento (63%), Salerno (60%), Caserta (48%) e la “maglia nera” Napoli (che si ferma al 35%).
Nella classifica generale di Legambiente (che comprende comuni campani anche ben al di sotto delle 5000 persone) spiccano le “performance” irpine di Domicella (al secondo posto generale con il 94,61%), ma anche di Sperone (92,54%), Marzano di Nola (88,97%), Taurano (88,75%), Baiano (82,44%) e Sirignano (82,6%). Bene anche Sant’Andrea di Conza (80,55%), San Martino Valle Caudina (79,63%) Chiusano di San Domenico (78, 52%) e Bisaccia (78,45%).
Ma scorrendo il dossier, più in generale, ci si accorge che in Campania continua a mancare una governance autorevole del ciclo integrato dei rifiuti e, ancora, non si procede alla realizzazione di impianti industriali di trattamento della frazione organica con compostaggio, digestione anaerobica e produzione di biometano.
Il risultato è che, in questo percorso lento e aggrovigliato, rallenta la raccolta differenziata da parte dei comuni: sono, infatti, solo 247 i comuni cosidetti “ricicloni”, quelli cioè che nel 2018 hanno superato il 65% di raccolta differenziata come previsto dalla legge, solo 9 in più rispetto all’anno precedente.
«In Campania – dichiara Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania – la gestione dei rifiuti, prevenzione, raccolta, recupero e smaltimento, continua ad avere un importante potenziale che però stenta a decollare. Un ciclo poco circolare e ancora troppo intrappolato in scarse capacità gestionali, affari al limite della legalità, mancanza di trasparenza e complicati percorsi di accessibilità alle informazioni per i cittadini. Il piano regionale di finanziamento di impianti di trattamento della frazione organica – conclude la presidente Legambiente Campania – stenta a decollare e comunque non soddisfa il fabbisogno totale. Inoltre, è paradossale nell’era del necessario passaggio da fonti fossili a fonti rinnovabili finanziare prevalentemente impianti aerobici e non puntare maggiormente su processi anaerobici per la produzione di biometano. Un’occasione di transizione ecologica persa, forse l’ennesima, che non possiamo più permetterci».
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