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«È MORTO praticamente da quando si è dovuto separare dalla sua Diana».

Questo il commosso commento letto su Facebook sulla conclusione della vicenda terrena di Guido Tricarico, vibonese di 83 anni, ex operaio, invalido, costretto sulla carrozzella, e “senza fissa dimora” – come veniva definito nell’arido linguaggio burocratico. Dopo mesi e mesi passati per strada, davanti all’ospedale e all’interno del pronto soccorso, dove spesso passava la notte, su pietoso interessamento di alcune conoscenti era stato accolto nella casa di riposo “Villa Sara” di San Nicola da Crissa (LEGGI).

Da tempo si era dovuto separare definitivamente dal suo cane Diana, una femmina di pastore tedesco cui era molto affezionato, una separazione che non ha certo contribuito a fargli ritrovare un po’ di serenità e di amore per la vita.

Tricarico è deceduto l’altro ieri all’ospedale Jazzolino dove era stato ricoverato per l’improvviso aggravarsi delle sue già precarie condizioni di salute. Ieri mattina, non essendoci posto in quello della città, è stato tumulato nel cimitero di Stefanaconi. Se n’è andato in perfetta solitudine, così come nessuno è andato a trovarlo nella sala mortuaria. A stargli vicino in questi ultimi mesi di vita sono state in pratica solo due signore, Maryline e Barbara, che, colpite dalla sua amara vicenda, si sono prese un po’ cura di lui, regalandogli un po’ di quel calore umano che egli aveva sempre cercato, invano. Per vari mesi Guido è stato in pratica un senza tetto, dopo che l’appartamento al rione Feudotto, dove viveva in affitto, era stato interessato da un incendio accidentale.

Aveva l’aspetto parecchio deperito, era magrissimo quasi pelle e ossa, ma non era un barbone in senso stretto perché non era un indigente assoluto, godeva infatti di una dignitosa pensione con la quale avrebbe potuto permettersi di pagare un affitto, purché modesto. Nessuno però, vedendolo ridotto in quel modo, gli aveva voluto fittare una casa e i pochi familiari che gli restavano non gli avevano dato, a suo dire, alcun aiuto. In un articolo apparso sul Quotidiano del Sud nel giugno scorso, commentò infatti, triste: «Di me non ne vogliono proprio sapere».

Le due amiche di cui sopra avevano provato a sistemarlo per qualche giorno in albergo «ma – racconta Maryline – non l’avevano voluto prendere. Dopo tanti tentativi l’abbiamo infine convinto ad andare a “Villa Sara”. C’è rimasto un paio di mesi ma diceva sempre che se ne voleva andare».
Pochi giorni fa ha avuto una crisi cardio-circolatoria e perciò è stato portato in ospedale. Ha resistito solo due giorni poi è deceduto, in solitudine, come aveva vissuto. Per molto tempo l’unica compagnia per lui era stata quella della sua Diana. Poi, non potendola accudire, l’aveva affidata, dietro modesto compenso, ad un conoscente ma ne rimpiangeva la presenza.

Gli mancavano le sue occhiate affettuose, il suo scodinzolare, era l’unica che gli dimostrasse un po’ di affetto: «Il cane gli mancava tanto – racconta ancora Maryline – Diceva sempre: voglio trovare una casa con un po’ di giardino per tenere Diana con me. Un sogno che purtroppo non è riuscito a realizzare. E non aver potuto avere vicina la sua amata Diana avrà di certo contribuito a deprimerlo ancora di più, fino al triste esito dell’altro ieri».

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