L'arrivo della salma di Lorenzo in Chiesa
2 minuti per la letturaPIZZO – Un silenzio irreale ed uno smarrimento palpabile hanno accolto, questa mattina, il feretro di Lorenzo, avvolto nella maglia ed una sciarpa dell’inter e dei fiori arrivati direttamente dalla curva nord di Milano, il bimbo di 10 anni venuto a mancare sabato pomeriggio dopo una battaglia durate tre anni contro un tumore celebrale (LEGGI).
Nel parcheggio antistante la sua scuola elementare a pochi passi dalla chiesa di San Sebastiano nella quale poco dopo la famiglia ha scelto di celebrare i funerali, c’erano i suoi compagni di classe in fila, composti, un palloncino bianco in mano, negli occhi la consapevolezza che stavano vivendo qualcosa di ben più grande di loro, e ai quali servirà tempo e fatica per analizzare; c’erano gli insegnati incapaci anche loro di trovare un senso a questo dolore e alcuni genitori dei bambini.
Pochi minuti, il tempo necessario affinché la maestra di Lorenzo leggesse una lettera che i suoi compagni della 5B hanno voluto scrivergli: «hai combattuto come un guerriero e ti ricorderemo sempre. Anche se eri uno dei più piccoli, hai dimostrato di essere il più maturo. Preghiamo affinché Gesù ti dia la felicità che meriti. Ciao Lollo». Uno spirito combattivo che anche il parroco, don Salvatore Santaguida, ha voluto ricordare nella sua omelia, insieme alla sua curiosa intelligenza.
«Come esseri umani ci possiamo arrabbiare per quanto successo – ha detto il sacerdote – ma non vi è dubbio che per Lorenzo si siano spalancate le porte del regno dei cieli. Quando veniva qui al catechismo rimanevamo tutti sorpresi dalla profondità delle sue domande, aveva un intuito spirituale incredibile e sono convinto che il signore parlasse al suo cuore».
La famiglia, attraverso lo zio, ha voluto ringraziare i ai medici che in questi anni hanno curato e sorretto Lorenzo, il pediatra Peppino Ruppolo, alle oncologhe Antonella Cacchione del Bambin Gesù di Roma e Eulalia Galea del Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, e al dottor Scaramuzziono che lo ha assistito fino alla fine.
Ma nelle parole dello zio c’è stato anche spazio per un breve racconto dello spirito di questo bambino che la vita ha messo a durissima prova, ma che fino alla fine ha sorriso: «non vogliamo che sia un saluto triste perché tu triste non lo sei mai stato. In questi anni pensavamo di essere noi a sorreggere te, ed invece eri tu il condottiero, consapevole di combattere con un esercito alle spalle, la tua grande famiglia. Ci sentiamo comunque vittoriosi davanti ad una malattia che tende a togliere tutto, insieme alla tua madonnina, abbiamo combattuto ed abbiamo vinto perché non abbiamo mai perso la dignità. Una settimana fa, rientrando da Roma, non appena avevamo attraversato il confine con la Calabria osservando dal finestrino esclamasti “zio la Calabria è troppo bella, guarda che incanto”».
Un incanto che resta negli occhi e nelle orecchie di chi Lorenzo lo ha conosciuto e di una intera comunità che si stringe, ancora incredula, attorno a questa famiglia, con la promessa di non dimenticarlo.
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