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Don Angelo Belvedere

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PIZZO – Piazza della Repubblica, la prima gelateria che fa angolo con la strada che porta al duomo di San Giorgio, i “forestieri” leggeranno Gelateria Belvedere, ma per i pizzitani è semplicemente “Il gatto”, i tavoli perfettamente allineati, gli ombrelloni per cercare di attenuare i raggi del sole e poi una voce, inconfondibile, con un invito «accomodatevi per buon gelato».

Chi negli ultimi 70 anni è passato da Pizzo, o chi invece ci abita, sa benissimo che don Angelo Belvedere, ovvero il gatto, accoglieva così i clienti, in quella gelateria che suo nonno Antonio nel 1901 aveva avviato. Accoglieva, perché don Angelo è morto ieri all’ospedale di Lamezia Terme dopo una breve malattia e Pizzo e la sua Piazza perdono non solo uno dei maestri gelatieri più anziani e riconosciuti, espressione di una generazione che sta per scomparire, ma anche un personaggio, conosciuto e riconoscibile.

Di lui si raccontano storie sul suo carattere a tratti burbero, quando le cose non erano fatte come lui avrebbe voluto, ma anche sul suo essere amico di tutti gli altri gelatai in Piazza, poteva capitare di vederlo seduto in qualche tavolino della “concorrenza” intento a chiacchierare. Negli ultimi anni, aveva passato il timone ai figli ma la mattina il bar era ancora il suo regno tra un orzata ed un caffè, infondo quando hai fatto per tutta la vita un mestiere è impossibile staccartene. Era un uomo qualche volta spigoloso, ma che sapeva anche sorridere, un padre di 5 figli a cui è riuscito a passare l’arte del mestiere ma anche la passione con cui farlo.

Quell’angolo della Piazza, dove all’inizio del secolo scorso, il nonno aveva iniziato l’attività con un piccolo chiosco di coni gelato, don Angelo, nato nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, aveva saputo insieme al padre nel tempo ampliare l’attività diventando bar gelateria, facendo dell’artigianalità del prodotto il suo marchio di fabbrica. In quelle mura c’è la storia della sua famiglia, delle generazioni passate e di quelle future come quel piccolo gatto disegnato in alto nell’insegna, quasi impercettibile ad un visitatore distratto, ma che in realtà è come se racchiudesse l’essenza stessa dell’antica gelateria. Ed in questo non ci sono tempi verbali al passato da usare, perché quello che Don Angelo lascia è qualcosa che va al di là della ricetta del tartufo perfetto o l’invenzione della torta belvedere, quello che c’è e rimane è nome, che continua con i nipoti che gli sono omonimi, è passione, è ricerca della novità, è qualità ma soprattutto è voglia di far gustare un buon gelato a chi si siederà al suo tavolino.

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