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Il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea Attilio Nostro

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Il messaggio di Pasqua del vescovo di Mileto Attilio Nostro che ricorda i gesti del protagonisti della passione di Cristo con un pensiero alla tragedia di Cutro

MILETO (VIBO VALENTIA) – Il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, Attilio Nostro, in occasione della Pasqua ha deciso di riprendere la consuetudine di rivolgersi ai fedeli della diocesi attraverso una lettera pubblica.

Il presule ha, così, voluto ricordare ai fedeli come «in questa Pasqua di Resurrezione ci facciamo accompagnare dai tanti personaggi che popolano le scene della Passione di Cristo. Le loro azioni, i loro gesti rappresentano uno spaccato della nostra stessa umanità».

Nostro ha esordito parlando del più controverso tra i protagonisti della Passione di Cristo, quel Giuda Iscariota che «compie un gesto terribile: tradisce il Figlio di Dio con un bacio». Ed è il gesto prescelto che fa riflettere «proprio con un bacio, soffiato da Dio Creatore nelle narici di Adamo, attraverso la sua RUAH ha reso l’uomo un essere vivente! Ma proprio con un bacio Giuda doveva tradire il figlio di Dio? Ecco cosa appare evidente: il peccato trasforma un gesto d’amore in un gesto di inaudita violenza e non ha potere creativo ma distruttivo».

Ma questa considerazione apre la strada ad una domanda più profonda: «perché la nostra umanità sceglie così spesso di trasformare la bellezza in tradimento e morte?».

IL MESSAGGIO DI PASQUA DEL VESCOVO DI MILETO-NICOTERA-TROPEA ATTILIO NOSTRO

Ma se Giuda tradisce con un bacio anche un altro discepolo si rende protagonista in negativo: «Pietro – ricorda il vescovo Nostro – compie un gesto terribile: rinnega di conoscere Gesù». E come Pietro «anche noi rinneghiamo, quando ci dimentichiamo di essere stati amati e perdonati, quando ci dimentichiamo di appartenere a Gesù, che per noi ha versato il suo sangue su quella Croce dalla quale ha pregato il Padre intercedendo per noi. Rinnegare questo amore significa addirittura banalizzare questa bellezza che riesce a superare le nostre resistenze più tenaci e le nostre paure più sorde».

Terzo protagonista in negativo è Ponzio Pilato che «lascia che venga condannato un innocente». E come Pilato spesso anche la società moderna lascia compiere ingiustizie piccole e grandi. «Siamo circondati – spiega il presule miletese – da persone che, tutti i giorni, vengono condannate dalle nostre chiacchiere sferzanti, dai nostri giudizi saccenti, dall’ironia denigrante. Non possiamo e non dobbiamo rassegnarci a vedere questa flagellazione di parole distruttive pensando che non sia nostra responsabilità opporci a tutta questa bruttura».

Infine «la folla condanna Gesù con parole che lo accusano di “lesa maestà” a vantaggio di Cesare, ma Lui non ha bisogno di un capro espiatorio, perché è l’Agnello che toglie il peccato del mondo e ci riconsegna la sua bellezza perché diventi la nostra bellezza».

«LA TRAGEDIA DI CUTRO STORIA DI UN MANCATO APPUNTAMENTO CON LA SALVEZZA E CON L’AMORE»

E allora Nostro volge lo sguardo alla parte bella e positiva della passione. «Simone di Cirene compie un gesto bellissimo: aiuta Gesù verso il Calvario. È un migrante, come quei poveri disperati che a Cutro hanno incontrato la morte in mezzo alle onde di un mare che doveva condurli alla salvezza. È lui, un migrante trattato come uno schiavo, che incrocia Dio sulla sua strada. Simone non è anonimo agli occhi di Gesù, che sapeva che lo avrebbe incontrato e che avrebbe cambiato per sempre la sua vita».

Per il vescovo «la tragedia di Cutro è la storia di un mancato appuntamento con il soccorso, con la salvezza e con l’amore. A volte anche la nostra storia è una storia di appuntamenti mancati con Dio, con la bellezza di quell’amore che, solo, può sollevare dall’anonimato la nostra vita e renderci unici come Gesù, il buon samaritano che cura le ferite dell’uomo e fascia le sue piaghe».

Ma anche «il buon ladrone compie un gesto bellissimo: approfitta per chiedere». Il vescovo di Mileto confessa che «mi è sempre piaciuta la faccia tosta di questo ladro che compie un ultimo, meraviglioso furto: “ruba” a Gesù la vita eterna! Un gesto di una persona che osa fare un ultimo tentativo: raddrizzare una vita che non l’ha mai soddisfatto in pienezza. Lo sa, lo riconosce, lo ammette e sconfessa sé stesso dichiarando la propria morte come “giusta”. Eccola, la libertà: ammettere di essere poca cosa senza Dio, senza un amore che dia senso alla nostra vita. Ma la vita chi ce l’ha? La vita chi può mai darla? Solo Dio ha in sé la vita; soltanto Dio è la Vita! Allora potrei, forse, rubarla a Dio! Ma quanto volentieri Gesù lascia entrare non solo questo ladro, ma tutti noi ladri d’amore in casa sua!».

IL GESTO DI DONARSI DI GESÚ E IL RICONOSCIMENTO DEL CENTURIONE

Ma ovviamente è Gesù che «compie il gesto più bello di tutti: offre sé stesso al Padre. Gesù – spiega Nostro – non ha bisogno di rubare, ma offre, dona sé stesso al Padre nella Croce che rappresenta la cosa più bella che l’umanità abbia mai visto! Cosa abbiamo visto? Un uomo coperto di sangue, di dolore e di odio? Solamente questo abbiamo visto? No, qui vediamo il “più bello tra i figli dell’uomo”. Qui, sulla Croce, vediamo lo Sposo che si consuma d’amore per la Sposa e va incontro alla morte gridando il suo amore per il Padre e per noi».

Dal canto suo «il centurione vede tutta questa bellezza e riconosce che questo è Dio! Questo spettacolo di orrore, tormento e tortura non fa arretrare di un solo passo Gesù che, inarrestabile, continua anche sulla Croce a pregare, perdonare, insegnare, donare! Ma chi sarà mai questo uomo? Chi è? Come fa a trasformare quest’onda di odio in un soffio vitale di nuovo amore? Solo Dio, solo Dio può farlo! Nessun altro può! Perciò questo Gesù, deve, deve essere Dio! Non può essere che così! Ecco la conclusione a cui è giunto il centurione, il suo stesso assassino, il suo aguzzino, il suo ultimo torturatore che però viene bagnato dal suo sangue, viene toccato dal suo sguardo, viene ferito al cuore da un uomo distrutto che, però, riesce ancora a creare».

PASQUA 2023, IL VESCOVO DI MILETO ATTILIO NOSTRO E LA SUA GRATITUDINE A MARIA MADRE DI TUTTI

Ma il gesto più “alto” senza dubbio lo compie Maria che «offre il Figlio suo per tutti noi. Maria tutto questo già lo sapeva, ma vedere con i propri occhi che cosa può fare l’amore non l’aveva visto mai nemmeno lei. Suo figlio ha creato una via nuova: adesso l’amore si è davvero aperto una strada nuova nel cuore dell’uomo. Adesso la vita può davvero trionfare sulla morte; adesso il perdono può essere più forte del giudizio, dell’odio, della morte stessa! Maria, sotto quella Croce, sa e vede che il Figlio di Dio, suo figlio Gesù che lei ha portato in grembo, porta ora nel suo grembo tutti noi e ci conduce al Padre. L’amore ha vinto l’odio, l’amore è più forte e non si lascia piegare o scendere a patti. L’amore su quella Croce ha già vinto la sua battaglia, il suo duello più cruento e spietato».

In conclusione, il vescovo volge il proprio ringraziamento alla madre di Dio: «Grazie, Maria, per il tuo si all’Arcangelo, grazie per il tuo sì sotto la Croce, grazie perché sei madre non più solo del tuo figlio ma sei anche mia madre, nostra madre amatissima che regni, in Cristo tuo figlio, nei nostri poveri cuori che troppo, troppo spesso tradiscono, rinnegano, rimandano l’appuntamento con l’amore. Aiutaci, o Maria Madre amatissima – implora il vescovo – a riconoscere tuo figlio nel migrante, aiutaci a “rubare” la vita eterna con la nostra preghiera, aiutaci ad arrenderci alla bellezza sovrana dello Sposo che, sino all’ultimo suo respiro, soffia su di noi l’alito vivente di un Dio che viene a ricreare l’amore nel cuore di ogni uomo».

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