La folla presente al raduno nel parco della Fondazione Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime
3 minuti per la letturaMILETO (VIBO VALENTIA) – Il 28esimo anniversario dell’arrivo a Paravati (principale frazione di Mileto) della statua del Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle anime, scolpita sulla base delle indicazioni di Natuzza Evolo, è stata una sorta di ritorno al passato.
Dopo due anni senza che i Cenacoli di preghiera, le cellule spirituali sorte in tutto il mondo su ispirazione della mistica di Paravati, abbiamo avuto la possibilità di riunirsi nel parco della Fondazione (prima per via della tensione tra l’ente spirituale e la diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea e poi per la pandemia di Coronavirus), infatti, le porte del parco si sono riaperte (sia pur con le limitazioni del caso) consentendo lo svolgimento della celebrazione eucaristica aperta a tutti (coloro che erano in possesso del green pass).
La messa è stata presieduta dal neo vescovo di Mileto, monsignor Attilio Nostro, il quale, contrariamente alla manifestazione del primo novembre (anniversario della morte di Natuzza), nel corso della sua omelia non ha citato la donna di fede concentrandosi piuttosto sulle emergenze che riguardano bambini ed anziani.
Partendo dalla incarnazione di «un Dio che si coinvolge talmente tanto nella nostra storia da diventare storia umana esso stesso, e non solo si coinvolge, fa sua tutta la storia dell’umanità, decide di riassumere in sé tutto il mistero della storia umana», il vescovo ha ricordato che la nostra religione è l’unica che ha un Dio così vicino alla vita e alla storia dell’uomo.
Ma il presule ha voluto proporre ai fedeli una serie riflessione sulle opere di misericordia e in particolare sull’impegno da dedicare alle fasce più deboli della società, gli anziani e i bambini.
Evidenziando i problemi legati «alla dispersione scolastica, alla mancanza e carenza cronica di formazione professionale ma anche umana, morale e religiosa», Nostro ha denunciato come ci sia «un grande ritardo nell’aiutare questa povertà e rispondere a questa povertà che questa povertà impone e porta con se che noi purtroppo abbiamo».
Portando ad esempio la sacra famiglia cui dio ha affidato Gesù, il vescovo ha esortato tutti: «Dio a noi affida questi bambini, figli di questa Calabria perché noi possiamo farli crescere facendo proliferare in loro quei talenti che il Signore ha dato».
Il pastore della diocesi ha ricordato a tutti come «questa terra può portare frutti, tanti giovani donne e uomini valenti che si sono fatti spazio nel mondo, persone di cui il mondo si è accorto e aveva bisogno, persone che si sono formate nelle nostre comunità parrocchiali, nelle nostre scuole e che oggi riempiono non solo di orgoglio ma anche e soprattutto di senso le nostre fatiche. Il nostro educare le nuove generazioni è un compito che dio ci ha affidato: se noi davvero siamo gli adulti di questa società dobbiamo farci carico delle persone più piccole, più povere, più fragili e dobbiamo prendercene cura portando a frutto quei talenti che il Signore gli ha donato». Ecco perché «oggi di fronte a Maria e al suo Sì, davanti a San Giuseppe e al suo Sì noi siamo chiamati a prenderci cura dei piccoli e dei poveri in maniera particolare. Sentiamoci obbligati – ha concluso – a farci carico dei bambini piccoli poveri e bisognosi di ogni aiuto»
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