La chiesa della Madonna degli Angeli a Paravati
2 minuti per la letturaMILETO – La festa patronale della frazione Paravati, dedicata alla Madonna degli Angeli, si è conclusa tra la soddisfazione degli organizzatori e il plauso dei presenti. Ma la ricorrenza ha assunto anche un significato più profondo con da un lato le tensioni tra Fondazione Cuore Immacolato di Maria e Diocesi e dall’altro il trasferimento nel prossimo futuro del parroco, don Francesco Sicari, e del suo vice, don Andrea Campennì, ad altra parrocchia probabilmente da settembre.
All’inizio dei festeggiamenti, presiedendo la celebrazione eucaristica, don Sicari ha ricordato ai paravatesi come quella dedicata alla Madonna degli Angeli, venerata a Paravati da oltre 500 anni, sia «la giornata del silenzio orante rispetto al chiasso tipico della festa».
Una giornata in cui «la devozione diventa intima, perché ciascuno venendo ai piedi della Madonna e incrociando i suoi occhi misericordiosi e amorevoli apre il cuore e pone al cuore di questa Madre i propri problemi, angosce, sogni, desideri, speranze. E nessuno di noi può sapere di questo colloquio intimo e personale con Maria. Questa devozione è un prezioso patrimonio di fede e di religiosità che si trasmette di generazione in generazione e vorrei che questa trasmissione di bene non si interrompesse».
Il sacerdote ha chiesto ai fedeli «di donarla ai figli, ai bambini, ragazzi e giovani di oggi come un tesoro prezioso che dice in maniera vera anche il senso di appartenenza a questa porzione di chiesa che cammina e abita questo territorio benedetto da Dio».
Ricordando la genesi liturgica della festa della Madonna degli Angeli, risalente al 1216, don Sicari non ha mancato di ricordare Natuzza Evolo «donna umile e obbediente, che si è riconosciuta verme di terra. Anche noi – ha aggiunto – siamo chiamati a camminare sulla strada della semplicità e dell’umiltà, se vogliamo andare in Paradiso. E questa strada significa scegliere la via del silenzio, rispetto alle tante e troppe parole inutili – chiaro richiamo al rapporto diocesi-Fondazione – che riempiono le nostre giornate, a morire a noi stessi e al nostro orgoglio, a fare sempre la volontà di Dio anche quando non la comprendiamo e quando si manifesta anche attraverso la fragilità e debolezza delle strutture umane».
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