Nicola Gratteri durante la presentazione del libro "Non chiamateli eroi" al Festival Leggere&Scrivere
4 minuti per la letturaVIBO VALENTIA – «Il senso di questo libro è quello di avvicinare i giovani a persone che per la loro coerenza e il loro coraggio sono morte. Alcune di queste storie sono state però mitizzate e l’esasperazione del mito a volte non produce gli effetti sperati: si raccontano le persone come fossero divinità irraggiungibili. Noi, invece, abbiamo pensato di raccontare il loro lato umano in modo che i giovani ne possano essere ispirati». Lo ha detto il procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, intervenendo questa mattina nella giornata conclusiva del Festival Leggere&Scrivere di Vibo Valentia.
Il procuratore – intervistato dal direttore di Calabria7 Mimmo Famularo in una sala gremita di studenti delle scuole vibonesi – ha presentato il libro “Non chiamateli eroi. Falcone, Borsellino e altre storie di lotta alle mafie”, scritto con Antonio Nicaso.
«Molte di queste storie sono sconosciute ai più – ha detto Gratteri –, volevamo raccontare l’antimafia calabrese generalmente poco raccontata. Abbiamo voluto scovare queste storie, come quella di Rocco Gatto o di sindacalisti e cancellieri di Tribunale uccisi. Era importante raccontarle anche per dire che c’è stata un’antimafia calabrese già a partire dagli anni ’70».
L’impegno della Dda sul territorio di Vibo Valentia è stato così riassunto: «Questa era una provincia ad altissima densità mafiosa e massonica, qui molte anche le logge non ufficiali, in un grande groviglio tra ‘ndrangheta e massoneria deviata. C’era una ‘ndrangheta di Serie A che discuteva alla pari con i maggiori clan della regione. Ora c’è una grandissima attenzione a questa provincia da parte della Procura distrettuale: seguo personalmente le indagini più importanti, a Vibo sono applicati quattro pm di primissimo piano e poi c’è un validissimo procuratore come Camillo Falvo. Nei primi giorni del prossimo mese arriverà la sentenza di Rinascita-Scott in abbreviato. C’è poi l’indagine Imponimento e tante altre cose importanti sono state fatte. La gente lo ha capito, sa che facciamo sul serio».
C’è chi, ha spiegato il procuratore, lavora però costantemente per delegittimare il lavoro della magistratura. «Chi mangia fa molliche – ha detto –, noi non siamo perfetti. Può darsi che abbiamo fatto qualche errore, ma ci sono tre o quattro giornali a carattere locale che provocano costantemente, raccontano cose false dal 99 al 100 per cento. Io ho le spalle larghe, non faccio falli di reazione, non abbocco, non cado alle provocazioni perché so benissimo che il loro intento è quello di fare confusione e di buttarla in rissa e so che dietro di loro ci sono centri di potere che in modo sistematico alimentano informazione falsa per cercare di indebolire me e la mia squadra e le forze dell’ordine»
Si è poi parlato di potestà genitoriale: «Toglierla ai mafiosi è utile – ha dichiarato Gratteri – ma non è risolutivo. Quando una madre denuncia che un latitante ha concepito dei figli, quando questi crescono in una famiglia nella quale non c’è nessun ravvedimento: qui ha senso intervenire. Ma serve soprattutto prevenire: se avessimo una scuola diversa, se avessimo ancora più insegnanti a seguire questi bambini anche nel pomeriggio per sottrarli ai contesti mafiosi, sarebbe molto meglio. Ma chi comanda non vuole una società colta e istruita, vuole un popolo bue che stia attaccato a internet, che persegua una cultura dell’apparire e non dell’essere. Rifiutate sempre questa logica» ha detto rivolgendosi ai ragazzi presenti.
La riforma della giustizia. «Mi arrabbio e mi dispiaccio perché sono convinto che, senza disturbare la Costituzione, sia possibile abbattere le mafie nell’arco di 10 anni. Il problema è avere il coraggio e la libertà di creare gli strumenti giusti. Noi abbiamo una buona base come legislazione antimafia – ha proseguito – ma è ovvio che le ultime riforme hanno sostanzialmente segnato un passo indietro nel contrasto alle mafie, alla criminalità organizzata e comune, alle zone grigie. L’improcedibilità non è altro che una ghigliottina per i processi, c’erano tante altre opzioni prima di arrivare a questo: era possibile ad esempio recuperare centinaia di magistrati fuori ruolo, potenziare uffici giudiziari anziché chiuderli e via dicendo».
Il futuro del procuratore. «Sono il felice procuratore di Catanzaro – ha spiegato – starò ancora qui e farò e faremo altre belle cose. Sono un direttore d’orchestra ma con me ci sono grandi strumentisti e abbiamo tanto di quel lavoro che se io mi fermassi oggi per i prossimi 5 anni ci sarebbe comunque molto in cantiere. Ma sono qui e nessuno mi vuole in altri posti. Se poi dovesse accadere, sicuramente la Procura di Catanzaro è diventata allettante e prestigiosi magistrati faranno domanda per venirci. E chiunque verrà non potrà mai pensare di giocarsi la carriera per immobilizzare questa grande portaerei», ha concluso Nicola Gratteri.
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