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Nino Macrì

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Secondo l’esecutivo di Giorgia Meloni sarebbe accertata la presenza di possibili condizionamenti mafiosi nell’attività dell’ente: sciolto il consiglio comunale di Tropea


TROPEA – La notizia – da giorni nell’aria – è arrivata questa sera con la solita, fredda, nota stampa diramata dal Consiglio dei ministri. Ed è una mazzata per la città e l’amministrazione comunale che l’ha guidata da cinque anni a questa parte: scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Una decisione che spezza ogni speranza di andare al voto per il rinnovo degli organi elettivi e l’elezione del sindaco in questa tornata dell’8 e 9 giugno. Nessuna campagna elettorale, nessuna presentazione delle liste e candidati, nessun dibattito, nessun comizio animerà la “Perla del tirreno” nelle prossime settimane.

La commissione di accesso agli atti (formata dal vice capo della Squadra Mobile di Vibo Ludovico Tuoni, dal maggiore Carlo Alberto Zambito della Guardia di Finanza di Vibo e dal viceprefetto Roberto Micucci) era stata inviata la mattina del 16 ottobre 2023 dal prefetto Paolo Giovanni Grieco presso il palazzo municipale e aveva avviato un’attività di controllo degli incartamenti nei vari uffici, con particolare attenzione agli affidamenti diretti per gli appalti e i lavori pubblici classificati come di somma urgenza, all’esternalizzazione di servizi e conferimenti degli incarichi esterni, alla stabilizzazione degli Lsu impiegati nei lavori al Porto e su altro ancora.

Nei mesi precedenti, l’ex presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, aveva sollecitato l’invio dell’organismo investigativo in alcuni comuni del territorio, compreso quello di Tropea, senza però che nulla avvenisse. Con l’arrivo del prefetto Grieco, che ha preso il posto di Roberta Lulli, vi era stata un’accelerazione anche sulla scorta delle operazioni antimafia che avevano toccato il territorio spingendo il capo dell’Utg a volerci vedere chiaro nell’attività amministrativa del Comune guidato dal sindaco Nino Macrì, in carica dal 2019, e che, verosimilmente, si sarebbe ripresentato alle comunali di giugno.

D’altronde, la città di Tropea è stata sotto i riflettori sia della magistratura ordinaria che della Dda di Catanzaro a seguito di una serie di indagini, come quella sui cadaveri bruciati nel cimitero che ha visto indagato anche il custode Francesco Trecate (destinatario tra l’altro precedentemente ai fatti di una benemerenza da parte del sindaco Macrì) zio dell’attuale assessore comunale Greta Trecate, quest’ultima, a sua volta, braccio destro dello stesso primo cittadino. Ma è soprattutto l’inchiesta “Olimpo” che ha portato a ritenere che ci sarebbe potuta essere l’attenzione anche della Prefettura sul territorio tropeano.

A gennaio di quest’anno l’attività investigativa era stata prorogata proprio per la voluminosità del materiale da visionare per concludersi nelle ultime settimane con la richiesta di scioglimento del consiglio avanzata dalla Prefettura al ministro dell’interno.
Il sindaco Macrì al momento dell’insediamento della Commissione aveva annunciato che tutti gli uffici comunali, coordinati dal Segretario comunale, avevano messo a disposizione dell’organismo investigativo tutta la corposa documentazione richiesta al fine di agevolare il “più possibile l’attività ispettiva avviatasi e così accelerare, e se possibile anticipare gli stessi tempi di consegna, la stessa procedura ed il suo esito finale”, ma alla notizia della proroga di ulteriori tre mesi – che avrebbe condotto le determinazioni del Consiglio dei ministri a ridosso delle votazioni per le amministrative – si era sfogato parlando di “situazione di una gravità inaudita”, evidenziando che ciò “non faceva altro che aggravare e reiterare disagi sull’azione amministrativa e su qualsiasi attività di programmazione” e infine chiedendo di essere convocato “per fornire, qualora richiesti e necessari, tutti i chiarimenti e gli approfondimenti ulteriori rispetto alla trasparenza, alla regolarità ed alla chiarezza della copiosa documentazione richiestaci e fornita nei termini prescritti”.

Questa sera, come detto, la doccia fredda che chiude ogni possibilità di andare al voto e apre, al contempo, al commissariamento del Comune per i prossimi 18 mesi (prorogabili di sei), salvo diverso pronunciamento da parte della giustizia amministrativa presso la quale, verosimilmente, il primo cittadino presenterà ricorso. Da notare che si tratta del secondo scioglimento per mafia dopo quello del 2016, confermato dal Consiglio di Stato dopo un diverso pronunciamento del Tar del Lazio. E altri Comuni del vibonese sono in attesa di conoscere la propria sorte: Stefanaconi, Filadelfia, Mileto e Nicotera (questi ultimi due chiamati al voto, sempre a giugno). Sorte che attende anche l’azienda sanitaria di Vibo.

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